affidi e adozione, un percorso a ostacoli finora per la legge 73/2015 sulla stabilità affettiva dei minori

Affidi e adozione. Laera (vicepresidente CAI): “Anche nell’adozione internazionale ora servono forme di accoglienza più flessibili. Le due realtà non vanno in direzioni diverse”

Primo ‘pit-stop’ tra operatori ed enti istituzionalmente preposti alla sorveglianza sull’applicazione della norma, con la certificazione, nel Rapporto del Garante per l’Infanzia e l’Adolescenza, di un percorso ancora tutto da fare per gli affidi, finora costellato di ‘bambini-pacco’ e radici tagliate troppo in fretta con le famiglie affidatarie

Per la vice-presidente CAI, Laera, “anche nell’adozione internazionale si tratta di un presupposto culturalmente errato. E spesso le famiglie affidatarie sono più avanti rispetto agli operatori. Ora servono forme di accoglienza più flessibili. Affido e adozione non vanno in due direzioni diverse”

affidi e adozione, un percorso a ostacoli finora per la legge 73/2015 sulla stabilità affettiva dei minoriTra affidi e adozione c’è ancora un abisso difficilmente valicabile, tra le reali esigenze di stabilità affettiva dei minori, recepite teoricamente nel testo della legge n.73/2015, e la realtà dei fatti sancita finora dai Tribunali per i Minorenni con le loro sentenze: un dato di fatto che, da un lato, invita a un’attenzione decisamente maggiore alla portata della norma da parte dei giudici e dei procuratori, ma che dall’altra, chiama gli operatori affidatari e il sistema dell’adozione – anche internazionale – a cooperare in modo più attivo e protagonista per evitare le ‘storture’ che hanno prodotto, tra i paradossi, episodi di prostituzione, abbandoni minorili, malattie psichiche, nuove fragilità familiari.

Dello stato di applicazione della legge sulla continuità degli affetti si è parlato a partire dal Rapporto del Garante per l’Infanzia e l’Adolescenza: un resoconto a luci e ombre che non cancella il lieto fine di alcune vicende di bambini e adolescenti, ma non può non interrogare sulle loro sofferenze e sul fallimento – di fatto – del percorso previsto dallo Stato.
E’ stato così, ad esempio, per Davide e Nancy, 28 e 29 anni, che sulle colonne di Avvenire hanno raccontato il loro ‘calvario’: entrambi di Verona, per lui l’affido è stato vissuto in tre differenti famiglie, con un continuo cambiamento di parenti, amici, compagni di scuola. “Mi sono spesso sentito un pacco, gli altri decidevano il mio destino e io non riuscivo a capire come intervenire“, ha spiegato al quotidiano della CEI. Per lei, invece, di origini africane, le difficoltà materne a mantenerla hanno portato a un ‘affido diurno’ di 14 anni pieno di conflitti tra la cultura di provenienza e quella della vita quotidiana. Due casi conclusisi felicemente, ma che non rappresentano la cartina di tornasole dell’attualità sul tema.

Un punto di partenza, perchè il traguardo è ancora lontano“, ha sottolineato la garante per i minorenni, Filomena Albano, a margine dei risultati parziali del dossier. E in effetti, se – come evidenziato da Cristina Calle, consigliere onorario del Tribunale per i Minorenni di Milano, alcune sentenze hanno invocato questa norma per ‘legalizzare’ di fatto il diritto all’omogenitorialità, è evidente la distanza rispetto alle finalità per le quali proprio la legge 73 era stata prevista.

Uno ‘status quo’ che è emerso chiaramente anche nel rapporto (al momento ancora difficile) tra affidi e adozione per la continuità affettiva, come spiegato dalla vicepresidente CAI, Laura Laera, che ha coordinato il dossier: “Passare dall’affido all’adozione nella stessa famiglia non era abituale, perché questa procedura era ostacolata dalla vecchia logica adottiva della cosiddetta ‘decantazione affettiva’ che vorrebbe far dimenticare ai bambini adottivi tutto quanto vissuto prima di arrivare nella nuova famiglia“. Un atteggiamento condannato da decine di studi e di ricerche a livello internazionale.

Anche nell’adozione internazionale – ha osservato ancora Laera – si tratta di un presupposto culturalmente errato. E spesso le famiglie affidatarie sono più avanti rispetto agli operatori. Ora servono forme di accoglienza più flessibili. Affido e adozione non vanno in due direzioni diverse“.

Il futuro non potrà che passare da una pianificazione differente e da una nuova visione – più aderente allo scopo originario – della norma da parte dei 29 Tribunali per i minorenni italiani.

Fonte: Avvenire