Adozione Internazionale. Siete a favore o contro il diritto del figlio a conoscere le proprie origini? 

È la domanda scomoda posta in un questionario somministrato alle coppie in attesa durante un incontro di formazione: vediamo come è andata

Qual è l’età ideale per raccontare al figlio la sua storia?
C’è qualcosa che può essere evitato nel racconto del passato del figlio, per tutelarlo?
È necessario che sappia tutto subito o gradualmente?
Leggere o no, con lui, i documenti ricevuti dal paese?

Quante domande, quante storie!

Queste e molte altre sono state le domande poste alle coppie in attesa, perché iniziassero a ragionare sullo spinoso tema relativo al “prima”, al pregresso, a quel che non si è vissuto col proprio figlio adottato, alle origini… in sintesi, il tema della sua storia.

Di qua o di là

Abbiamo chiesto che le persone si schierassero fisicamente: o di qua o di là. Non è semplice e non ci aspettavamo che si esprimessero tutti, o su tutte le domande, ma abbiamo pensato che fosse doveroso aprire il dialogo per affrontare tutto ciò che si lega a questo argomento.
Soprattutto per le paure di chi adotta, preoccupato della possibile scelta del figlio cresciuto, uno domani, di andare alla ricerca delle persone lasciate nel proprio paese.
Come porsi e che modi usare, se il figlio chiede?
Quando raccontare certi particolari?
Deve essere lui a chiedere, e i genitori pronti a rispondere o è opportuno che gli adulti rompano il ghiaccio?

Il dilemma dei genitori rispetto al tema delle origini

Alcuni partecipanti alla serata rispondono “non posso stare sul sì, ma anche il no non rappresenta il mio pensiero. Resto nel mezzo”.
Ma la vita di questi ragazzi non può accontentarsi del “Nì”.
La parola che salva in questi eventi, più usata diplomaticamente, è “dipende”….ma ce ne facciamo poco!
I ragazzi se ne fanno poco, niente!
La vita del figlio “pende” eccome. É appesa a quel filo che lo tiene legato al suo passato, ma lungi da noi giustificare la ricerca delle origini!

Serve una linea di demarcazione.

È necessario quel confine, netto, sicuro, che taglia i ponti e sancisce definitivamente l’appartenenza.
Bisogna fare i conti col passato, ma gli spettri non hanno il diritto di incombere sulla vita risanata.
È bene che si riconoscano e rispettino quella madre, quella famiglia, quella terra che ha dato la vita e lasciato andare. L’abbandono è un seme donato a qualcun altro, che eredita e sa far valere quella vita, che era considerata priva di valore.
Riscatto di chi accompagna per sempre. La coppia quel filo lo raccoglie e tende alto nel cielo, perché il figlio possa volare, senza zavorre.
Il bambino non deve avvilupparsi in quella corda, che può impiccare. Quel nastro deve essere un’opportunità, non un cappio.

I figli sanno

Alcuni ragazzi conoscono perfettamente da che situazioni provengono e sono i primi a chiedere conferme di ciò che ricordano. Hanno bisogno che siano il padre e la madre, con parole calde, a riempire quel vuoto che inghiotte. Ma altrettanto devono sapere che, da questa parte, il terreno è solido, che non ci sono timore né dubbi e che la loro esistenza può sbocciare sicuro.
Il sì pronunciato a suo tempo è ben piantato e non vacilla. Qualsiasi domanda arriverà, la posizione dei genitori sarà netta: “noi siamo qui sempre”.

Informazioni e domande sull’adozione internazionale

Chi sta considerando un’adozione internazionale o semplicemente desidera avere maggiori informazioni a su questi temi, può contattare l’ufficio adozioni di Ai.Bi. scrivendo un’e-mail a adozioni@aibi.it. Dona per il Fondo Accoglienza Bambini Abbandonati