Adozione Internazionale. Gabriel è corso in tutto l’istituto a mostrare la foto dei genitori

Quali sono le emozioni che prova un bambino in attesa di essere adottato quando questa attesa, finalmente, finisce?

L’adozione internazionale, a volte, può emozionare grazie a una foto. Sì, proprio così. Quale genitore non conserva un’immagine dell’ecografia, quando per la prima volta ha potuto scorgere, in mezzo a tutto quel grigiore, il profilo del proprio bambino? Quale madre non si è commossa al sentire per la prima volta il battito della creatura che stava crescendo dentro di lei?

Quale padre non ha tremato di gioia e di paura nell’accogliere per la prima volta tra le braccia il proprio figlio? Allo stesso modo, quale genitore adottivo non si è sentito mancare quando ha ricevuto la tanto desiderata telefonata per l’abbinamento? Mamma e papà non hanno forse immediatamente inserito la foto di quel bambino nel proprio cellulare? Non l’hanno appesa orgogliosi al frigorifero per poterla vedere sempre, nella quotidianità casalinga, in attesa della partenza?

Una ridda di emozioni incontenibili accompagna sempre il primo incontro con nostro figlio così tanto atteso, desiderato, voluto.

Adozione internazionale: il bambino come vive la fine dell’attesa?

Ma l’artefice di tali sconvolgimenti emotivi, il bambino, come vive quei momenti? Nel caso dell’adozione non diventa forse anche egli protagonista? Passa giustamente da oggetto del desiderio finalmente soddisfatto, a soggetto attivo che sperimenta il compimento dell’attesa.

Attesa: questa è la condizione dei tanti bambini che ancora vivono in istituto. Bambini nati in virtù di un potente atto generativo di due persone che però non hanno saputo o potuto mettere quella creatura al centro della loro vita; che non hanno saputo custodirla e proteggerla, farne un’opera continuativa di amore e di cura.

Figli, che a causa di questa falsa partenza, rimangono in attesa che si compia il riconoscimento della loro esistenza, che si incarni in qualcuno il desiderio della loro vita, cioè del fatto che loro vivano.

E allora ecco che Gabriel, all’arrivo della foto dei suoi genitori adottivi, corre per tutto l’Istituto e la mostra ai compagni, agli educatori, agli inservienti, al guardiano.

Lui che ha coltivato nel suo cuore, per 12 lunghi anni, la speranza di quell’arrivo, che ha custodito la certezza che la sua vita interessasse a qualcuno, non riesce a trattenere la gioia e la felicità del desiderio che si avvera e vuole renderne partecipi tutti coloro che gli stanno attorno.

Adozione internazionale: finalmente era arrivato il suo turno

Gabriel ha vissuto parecchie volte il miracolo dell’adozione, solo che non riguardava lui.

Ha visto tanti compagni che finalmente lasciavano l’Istituto in compagnia di una mamma e un papà, magari anche dei fratelli, e l’ultima volta che avevano festeggiato la partenza di un compagno, era quella del suo migliore amico.

Ha spiato le loro emozioni, le ha fatte sue, allenandosi per quando sarebbe arrivato il suo momento, perché di questo era certo!

Chissà se lo aveva davvero pianificato… O se è stato un gesto impulsivo, dettato dall’ondata di felicità che si era impadronita di lui quando, aprendo il pacco giunto dall’Italia, ha trovato, oltre a vestiti e giocattoli, le foto dei genitori.

Quella era la prova tangibile della loro esistenza e ha sentito il bisogno di condividerle con tutti quelli che incontrava, per renderle ancora più vere, quasi che ad ogni passaggio, ad ogni condivisione quelle foto acquistassero spessore e valore.

Finalmente era arrivato il suo turno. L’attesa era finita.

Monica Colombo

Ufficio Adozioni Internazionali – Ai.Bi. – Amici dei Bambini