Adozione internazionale. La ricerca delle origini? Occhio all’influenza di televisione e social network. E le famiglie non devono essere lasciate sole

Il parere del direttore del Centro Internazionale Studi Famiglia, Francesco Belletti, intervenuto recentemente a un seminario sul tema organizzato da Ai.Bi.

I figli adottivi? Non vanno lasciati soli nel percorso di ricerca delle origini e molta attenzione va prestata ai social network e alla televisione, che diffondono modelli sbagliati. Lo sostiene, in un’intervista, il direttore del CISF – Centro Internazionale Studi Famiglia, Francesco Belletti. “L’esperienza e gli studi – ha spiegato Belletti – dimostrano che la ricerca delle origini rappresenta un tema centrale dell’esperienza adottiva. Andare alla ricerca delle origini è un bisogno generalizzato”. Tuttavia, “non ci sono regole uguali per tutti i casi: di certo essendo un percorso molto delicato genitori e figli adottivi non devono essere lasciati soli. Devono essere accompagnati per mano dai servizi sociali o dagli enti ai quali si sono rivolti tempo prima per l’adozione”.

Un recente studio di Belletti, basato su interviste condotte su un campione di ragazzi adottati, è stato presentato in occasione del seminario organizzato il 28 agosto a Casino di Terra (Pisa) da Ai.Bi. – Amici dei Bambini, in corrispondenza della XXVIII settimana di incontro e formazione per le famiglie adottive e affidatarie.

“Il fatto che oggi se ne parli di più – ha spiegato ancora il direttore del CISF – e con maggiore tranquillità è indice dei tempi: non è più un tabù l’essere stato adottato e si è presa la consapevolezza che, qualora ciò si verificasse, è del tutto normale capire da dove si viene. È un passo che tutti gli adottati affrontano”. Ma, spiega ancora, “c’è anche chi non cerca mai, perché non vuol rivivere né incontrarsi con il proprio passato”

Un impulso alla ricerca delle origini è stato dato dai cambiamenti introdotti con la legge 149 del 2001, che ha introdotto l’obbligo, da parte dei genitori adottivi, di informare il figlio sulla sua condizione di adottato oltre alla possibilità, da parte del figlio stesso, di chiedere l’accesso al proprio fascicolo al compimento del 25esimo anno di età.

Grande rilevanza la ricopre anche la sentenza della Corte Costituzionale 278/2013, sulla necessità di trovare un maggior equilibrio tra il diritto dei genitori biologici a veder garantito il proprio anonimato e quello dell’adottato a conoscere la loro identità. Comunque, secondo l’Istituto degli Innocenti di Firenze, nel triennio 2014-2017 le richieste di accesso alle proprie origini presentate ai Tribunali per i Minorenni hanno subito un’impennata di quasi il 40% rispetto al periodo 2011-2014.

Tuttavia grande attenzione va prestata al mondo dei social, sempre più diffusi e utilizzati da praticamente tutti gli adolescenti e alla televisione. “Capita sempre più spesso – ha detto ancora Belletti – di vedere in televisione persone che cercano figli o genitori o fratelli biologici. Ma bisogna fare attenzione perché la ricerca non è un reality, è molto più difficile, e non sempre si trova quello per cui si è partiti. È una ricerca importante per ricomporre la ‘wholeness’, l’intero, che per una persona adottata è una questione vitale che richied privacy, quindi niente TV, a meno che non se ne voglia fare spettacolo”.