Adozione internazionale. Le prime parole di nostro figlio? “Mamma e papà”

“Ricordiamo la corsa verso di noi, gli abbracci, i sorrisi. Ancora oggi pensiamo a quei momenti: un figlio naturale non ti dice subito papà e mamma. E’ una bella fortuna, la nostra!”

Una bella storia di adozione internazionale, in tempi difficili. Pietro e Martina sono diventati, poco prima dello scorso Natale, genitori di Carmen, otto anni e José, cinque, due fratelli colombiani accolti non solo dalla loro nuova famiglia ma anche dalla cittadina dove vivono, in provincia di Napoli.

Accompagnati dalla sede Ai.Bi. di Salerno, Pietro e Martina sono felicissimi dei loro ragazzini vivaci che hanno subito detto sì a quei due signori visti per la prima volta durante una videochiamata, lo scorso autunno.

Adozione internazionale: la prima domanda del figlio

“Donde esta el perro?”, dove è il cane? è stata la prima domanda che il figlio José rivolse ai genitori, i quali avevano anticipato la presenza di un cagnolino in casa. E così il ghiaccio si sciolse già allora quando i visetti dei due bambini dall’altro capo del mondo comparvero sullo schermo del pc di Martina e Pietro. Una chiamata importante, un incontro a distanza che rassicura i bambini sull’arrivo, da lì a pochi giorni, di mamma e papà. Una gioia contenuta e poi esplosa in quella rincorsa verso di loro, il giorno dell’incontro in Colombia.

“In quel primo sguardo vedi l’affidamento totale della loro vita a te – dice Martina – un affidamento carico anche di dubbi e paure: Carmen si è davvero tranquillizzata quando ha visto i passaporti pronti per tutti e quattro”.

La lunga permanenza in Colombia, una quarantina di giorni, è stata caratterizzata da giornate intense, caldissime, divertenti, emozionanti, intime e anche difficili quando si è lontani da casa e mancano i parenti e gli amici.

“I primi dieci giorni li abbiamo trascorsi a Neiva, al caldo, di giorno e di notte, in una stanza piccola con letto grande e due lettini – racconta Martina, parlando della cittadina in cui vivevano i bambini, all’interno di una famiglia affidataria – Eravamo bloccati a casa, un po’ come adesso, perché la zona era pericolosa e, essendo stranieri, saremmo stati un obiettivo sensibile, per così dire”. E così il papà usciva a fare gli acquisti, le giornate erano scandite da attività semplici e da pomeriggi in piscina. “I ragazzini si accontentavano di poco – dice la mamma – giocavano a nascondino in camera e non volevano mai uscire dall’acqua di quella piccola piscina dell’albergo”.

Successivamente, il trasferimento e la spola tra Bogotà e La Mesa, per i documenti e la sentenza di adozione. Mamma e papà vogliono tornare al ricordo del giorno del primo incontro, a quelle poche ore che hanno preceduto l’incontro con i loro figli.

Adozione internazionale: la festa per il figlio

Comprammo l’occorrente per fare festa, palloncini, torta e addobbi vari, per preparare la stanza in albergo all’arrivo dei bambini – dice il papà – una situazione bellissima e surreale, preparavamo una festa per figli che dovevamo ancora incontrare. Ma sono i tuoi figli quindi una emozione che non sappiamo descrivere”.

“Papà, ciccì!” disse Josè a Pietro, che subito si meravigliò “di quante cose si possano fare subito da genitori: ad esempio accompagnare tuo figlio in bagno a fare pipì, con tutta la naturalezza del mondo!
Settimana dopo settimana la famiglia trovava il modo di iniziare la vita insieme: nell’appartamento di Bogotà le giornate cominciavano già ad assomigliare a quelle odierne, con ritmi e spazi simili a quelli quotidiani.

Infine, il ritorno a casa in Italia, il 1 gennaio. “Vi amo! quanto è bella la mia stanza! Vi amo hasta el cielo!” furono le prime parole di Carmen arrivata a casa, che subito riconobbe gli spazi visti mesi prima durante la videochiamata Skype.

Carmen, raccontano i genitori, è una bambina da spronare, anche per il diverso vissuto , rispetto al fratello, pur essendo cresciuti assieme in casa famiglia. “Josè è più piccolo, entusiasta sempre e comunque, deve solo superare alcuni problemi di linguaggio per i quali abbiamo previsto un po’ di logopedia – dice Pietro -. Carmen invece è sempre alla ricerca di affetto: già a Bogotà mi confidò il timore che le nostre attenzioni fossero tutte per il fratellino, come accadeva nella famiglia affidataria. Ha 8 anni ma è alta per la sua età, quindi nonostante tutto è difficile da prenderla in braccio!”

Carmen e Josè si preparano ad andare a scuola l’anno prossimo: questi mesi così particolari sono per loro preziosi per crescere in famiglia. “La cosa buffa è che per quanto il bambino abbia qualche difficoltà a esprimersi sembra già un napoletano nato – dice ridendo papà – si fa capire a gesti e con le espressioni del viso quando non riesce a dire qualcosa”.

La coppia di neogenitori ha vissuto l’esperienza adottiva in Colombia con altre due famiglie, relazioni che sono rimaste importanti per l’amicizia, la condivisione e il confronto.

“La nostra esperienza è breve ma possiamo dire che ad oggi tutto sta andando bene, considerando che dobbiamo gestire due fratelli con esigenze diverse – concludono Martina e Pietro – Non bisogna dimenticare che, per quanto inconsapevolmente, entrambi vogliono attenzioni uniche e talvolta sembrano voler conquistare l’attenzione esclusiva di mamma e papà, fanno a gara per mettersi in luce. Gli esperti ci dicono che è una evoluzione normale, quindi seguiamo queste rispettive necessità e stiamo attenti, sapendo che l’equilibrio si troverà solo con l’amore e il tempo”.