Adozione Internazionale. “Mamma, perché i miei fratelli non sono qui con noi?”

“Come rispondere a nostra figlia sul perché i suoi fratelli sono rimasti con la madre naturale?” Quando i percorsi adottivi dividono i legami di sangue. Domande, silenzi e il bisogno di verità nei bambini

Una bambina adottata ha confidato alla madre adottiva che, ultimamente, pensa spesso ai suoi due fratelli lasciati nel paese d’origine.
Non esprime il desiderio di sentirli o ritrovarli, vorrebbe solo sapere se anche loro hanno trovato una buona famiglia e stanno bene, come lei. La madre, però, custodisce una verità che non è mai stata condivisa con la figlia: i due fratelli sono stati reinseriti nella famiglia d’origine, prima che lei venisse adottata.

La testimonianza della madre adottiva

Abbiamo chiesto più volte, quando eravamo laggiù, il perché di questa scelta – racconta la madre –. Perché la più piccola era stata dichiarata adottabile, mentre i due fratelli maggiori erano stati reinseriti senza nemmeno parlarne con lei? Ma nessuno ci ha mai dato una risposta chiara. Un funzionario ci ha liquidati dicendo soltanto: “Lei ha un’età per essere adottata, chi prenderebbe mai loro?”. Con quella frase ha messo fine a ogni tentativo di approfondire.

Domande e preoccupazioni

Ora, la domanda che tormenta i genitori adottivi è: come affrontare questa questione con la figlia, che non conosce ancora questa parte della sua storia? La madre si chiede se un giorno la ragazzina penserà: “Come mai loro sono potuti tornare dalla mamma, che per me era stata ritenuta inadeguata? Staranno vivendo ancora le stesse condizioni che ci avevano allontanati? E se invece la situazione era migliorata per loro, perché non anche per me? Perché solo io sono stata strappata dalla mia terra e dai miei affetti?”
Sono domande legittime, dolorose, e difficili da affrontare quando dall’altra parte ci sono solo silenzi, mancanza di risposte o, peggio, nessuna volontà di riaprire quel capitolo. Come aiutare la propria figlia ad affrontare e metabolizzare una verità così complessa?

La risposta della psicologa

Capita molto spesso che, in presenza di fratrie, i percorsi di vita dei fratelli biologici in stato di abbandono o sottoposti a tutela vengano separati. Queste decisioni vengono prese esclusivamente dall’Autorità Giudiziaria, nella figura dei Giudici del Tribunale per i Minorenni, sempre con l’intento di tutelare il supremo interesse dei minori coinvolti.
Tuttavia, non è sempre semplice individuare quali siano davvero i bisogni e gli interessi più profondi dei bambini. Se è relativamente chiaro quando è necessario allontanarli dalla famiglia d’origine – decisione comunque presa solo dopo molteplici tentativi di supporto – risulta spesso più complesso valutare l’adeguatezza delle soluzioni di accoglienza alternative.
Uno degli obiettivi principali è preservare il legame tra fratelli, collocandoli insieme in comunità o strutture di accoglienza. Eppure, ci sono situazioni in cui questo non è possibile. Ad esempio, quando il numero dei fratelli è elevato o le differenze di età sono molto marcate (come nel caso di un dodicenne e un bambino di due anni), può risultare estremamente difficile trovare una struttura che sia in grado di rispondere ai bisogni di tutti. In questi casi, la separazione avviene per offrire a ciascuno maggiori possibilità di essere accolto in modo adeguato.
Altre volte, invece, i fratelli condividono esperienze traumatiche molto gravi – come maltrattamenti, abusi o situazioni di promiscuità – che rischiano di essere replicate nel nuovo contesto familiare. Anche in questi casi, la separazione non è un atto di distacco, ma un’opportunità di “rinascita” per ciascun bambino, per permettere loro di ricostruirsi in un ambiente protetto e su misura.

Costruire il proprio futuro senza sensi di colpa

È fondamentale sottolineare che ogni separazione tra fratelli può rappresentare un evento difficile da elaborare. L’esperienza più comune tra i bambini accolti è la preoccupazione per chi è rimasto in istituto o per chi è stato affidato ad altri e di cui non si hanno più notizie. Da questa consapevolezza nasce l’invito alle famiglie adottive ad accogliere, laddove possibile, la disponibilità al contatto tra fratelli. Non come un obbligo, ma come un’opportunità.
In effetti, può succedere che un bambino, pur trovando benessere nella nuova famiglia, incontri uno “stallo” nel proprio percorso di crescita se continua a vivere preoccupazioni irrisolte legate ai fratelli. La possibilità di mantenere un contatto – inizialmente mediato dai genitori e successivamente, se possibile, gestito in autonomia – consente al bambino di costruire il proprio futuro senza il peso di sensi di colpa o di sentimenti irrisolti.

Le paure peggiori

Nelle storie dei bambini che hanno vissuto esperienze traumatiche esistono spesso segreti o elementi oscuri legati al passato. E nel buio, si sa, si proiettano le paure peggiori – soprattutto per i più piccoli. Per questo è importante, per quanto possibile, che i genitori condividano con naturalezza ciò che sanno sulla storia del bambino, integrandolo nel quotidiano, senza necessariamente creare momenti strutturati. Ovviamente, queste condivisioni devono essere calibrate in base all’età e alle capacità cognitive ed emotive dei bambini, nonché alla gravità delle esperienze vissute.
Il passato, per quanto doloroso, può diventare una risorsa per costruire una vita serena, se affrontato ed elaborato nel modo giusto. È quindi fondamentale farsi accompagnare da professionisti esperti in psicoterapia per valutare le situazioni specifiche e decidere, insieme, il cammino più adatto per la propria famiglia.

Francesca Berti, Psicologa Psicoterapeuta, Esperta di Adozione

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