Adozione internazionale. “Mi sentivo un pesce in un acquario sbagliato”

Se tornassi indietro, darei tanti consigli alla “me adolescente” che puntava tutto sulla corporeità e la cui vita ruotava sulla diversità somatica. Poi mi sono resa conto che solo io notavo così profondamente le differenze

Quando il percorso di adozione “si conclude”, in realtà… è lì che la “vera” adozione ha inizio! Lo sanno bene tutte le famiglie che hanno percorso questa strada, e lo sanno ancor meglio tutti i figli tornati a essere tali grazie all’accoglienza di una nuova famiglia.
Si tratta di una strada che per ognuno è differente, nei temi e nei modi. Una cosa, però, è comune per tutti e non si può pensare che esistano eccezioni: sempre si incontreranno degli ostacoli e delle difficoltà. Che non significa che questi saranno più delle gioie e delle soddisfazioni, ma solo che una parte di fatica bisogna metterla in conto.
Anche perché tante volte, con il famigerato “senno di poi”, si scopre che tanti dei “muri” che parevano insormontabili, in realtà, forse, sono stati ingigantiti da altri fattori: da preconcetti, da paure personali, dall’atteggiamento di chi ci stava intorno… Anche in questo caso, i fattori decisivi sono diversi per ciascuno, ma proprio per questo è bello e a suo modo confortante leggere quanto scrive una figlia adottiva.
È solo una delle infinite storie possibili, che ci sono state e ancora ci saranno. Ma contiene in sé quelle sensazione e quegli elementi nei quali, siamo sicuri, tutte le famiglie che hanno adottato e tutti i figli che sono stati accolti si ritroveranno.

Le riflessioni di una figlia

Sono sempre diversa da qualcuno. Da mia madre. Da mio padre. Da tutti i parenti. Dai tanti conoscenti e dai pochi veri amici su cui posso contare… Ma anche dagli stranieri che incrocio per la città che, con me, hanno in comune solo la pigmentazione cutanea.
Vorrei gli occhi verdi brillanti di mia madre (adottiva). Vorrei il fisico asciutto di mio padre e l’altezza di mia sorella (figlia biologica dei miei genitori).
Invece lo specchio mi riflette un’identità tutta mia, sudamericana, dalla stazza tipica dei peruviani, con le forme generose delle donne prosperose del mio popolo d’origine (la qual cosa mi ha imbarazzata notevolmente mentre crescevo nel gruppo dei pari).
Ho faticato cosi tanto ad accettarmi, nella mia fisicità così diversa e così visibile, quando tutto ciò che desideravo era inserirmi nella mia nuova famiglia, nel mio Paese acquisito e nella mia vita stravolta.
Oggi va meglio, perché il lavoro fatto su di me è stato tanto e intenso, sostenuto dalla famiglia che ha sempre voluto starmi accanto e aiutarmi come poteva.
Se tornassi indietro, darei tanti consigli alla “me adolescente” che puntava tutto sulla corporeità e la cui vita ruotava sulla diversità somatica. Poi mi sono resa conto che solo io notavo così profondamente le differenze, non calcolando invece i comportamenti completamente assorbiti dai miei genitori. O la gestualità dei miei nonni, gli intercalari (non sempre signorili) di mia sorella, le inflessioni dialettali che ormai erano parte di me e che mi rendevano una veneta doc. La cultura di appartenenza si stava sgretolando, soppiantata dalla mia italianità nata, dimostrata e consolidata giorno dopo giorno, da quando sono entrata nella mia nuova nazione, da figlia, con passaporto italiano.
Davvero le diversità le vedevo più io di tutti gli sguardi che incrociavo e davo un’importanza eccessiva a questo aspetto che, solo ora, dopo anni di terapia e confronto con i miei famigliari, riesco a mettere in una piccola scatola di me, senza che invada tutto lo spazio del mio essere.

Informazioni e domande sull’adozione internazionale

Chi sta considerando un’adozione internazionale o semplicemente desidera avere maggiori informazioni a su questi temi, può contattare l’ufficio adozioni di Ai.Bi. scrivendo un’e-mail a adozioni@aibi.it