Adozione Internazionale. Piccolo non è più bello. Soprattutto se fa rima con “ininfluente”

Il sistema degli enti autorizzati , così diversi fra di loro , si è rivelato inadeguato a gestire le diverse crisi che hanno investito l’adozione. Il futuro della accoglienza adottiva sono i consorzi fra enti

Nell’anno 2000 nasceva, in Italia, il sistema della Adozione Internazionale. Il motto, all’epoca, sembrava essere questo: più enti ci sono, più adozioni si fanno. Una riproposizione del “piccolo è bello”, che ha caratterizzato per decenni il sistema socio-economico nazionale, basato sulla flessibilità e la capacità di adattamento della piccola e media impresa. Una linea di pensiero che si rispecchiava nel numero di enti autorizzati presenti: 45 quelli registrati nel novembre del 2000, in tutto 76 nel momento di maggiore “densità”. Un numero che non poteva resistere alle cicliche crisi economiche e sociali vissute in Italia a partire da allora. Una dopo l’altra queste crisi hanno messo in risalto la fragilità di un sistema che si è più volte dimostrato incapace di interloquire realmente con le istituzioni. Il più fulgido esempio è quanto accaduto recentemente: di fronte alla paralisi, causa Coronavirus, di tribunali e servizi sociali, non vi è stata, da parte del sistema, alcuna presa di posizione.

Lo stesso è avvenuto anche di fronte alla richiesta, portata avanti da anni, della gratuità dell’adozione internazionale. In questo modo e con questa inerzia le coppie adottive sono state lasciate, una volta di più, in balia dei tribunali dei minorenni. Tribunali che fanno il bello e il cattivo tempo, sottoponendo le stesse copie (che, è bene ricordarlo pagano sostanzialmente di tasca loro, per un gesto di accoglienza e giustizia sociale) non a un iter di accompagnamento e formazione ma, piuttosto, a una sorta di “giudizio”. Una cultura scoraggiante, che, infatti, di fronte a una crisi economica spaventosa che dal 2009 non si è mai fermata e che è stata aggravata dalla pandemia, ha provocato un crollo delle adozioni realizzate.

Adozione Internazionale. Enti autorizzati non invitati agli Stati Generali…

Imbarazzante, poi, il mancato invito agli enti autorizzati a partecipare agli Stati Generali dell’Economia che si sono recentemente tenuti a Villa Pamphili a Roma, per discutere del rilancio del Paese nel post-lockdown. Un mancato invito che testimonia una volta di più, oltre, purtroppo, al palese disinteresse del Governo, l’irrilevanza del sistema degli enti.

Enti, del resto, troppo diversi gli uni dagli altri: si passa da quello a dimensione a dimensione famigliare (è il modello prevalente), alle vere e proprie organizzazioni internazionali attraverso gli enti con uno o due dipendenti. Troppa eterogeneità, che non giova a un sistema che dovrebbe parlare con una sola voce. Questa situazione non consente, così, di tentare di scongiurare una crisi che, dopo il Covid, rischia seriamente di essere irreversibile e portare alla scomparsa dell’Adozione Internazionale in Italia.

Adozione Internazionale. Per gli enti autorizzati la via è quella dei consorzi

Se si vuole tentare di salvare il sistema gli enti devono contare di più. L’unica strada, a questo punto, è quella dei consorzi, per risparmiare risorse e reinvestirle in sempre nuove attività. Solo in questo modo si possono avere enti sempre più influenti sulla scena politica italiana e soprattutto internazionale e che sappiano fare quell’attività positiva di lobby che possa portare la politica a considerare l’adozione come un qualcosa di “ordinario” nel percorso della protezione dell’infanzia, come ha recentemente rilevato anche il Garante uscente dell’Infanzia, Filomena Albano, e non, invece, come un qualcosa di straordinario, una sorta di ultima spiaggia per chi decida di diventare genitore.

Insomma, piccolo non è più bello. Soprattuto se fa rima con “ininfluente”.