Adozioni in Congo: il grido inascoltato dei genitori in attesa dell’arrivo dei bambini adottati. Tutto in mano ai misteri della CAI

sede cai“Se alzi un muro, non sai mai che lasci fuori”, scriveva Italo Calvino. Da quasi 1.000 giorni, davanti a decine di famiglie italiane si è parato un muro che ha lasciato fuori i loro sogni, i loro progetti e soprattutto i loro figli. Sono le coppie di ogni parte d’Italia che hanno adottato i bambini della Repubblica Democratica del Congo e che da 946 giorni (conteggio aggiornato al 28 aprile) attendono di poterli abbracciare. Il muro che hanno davanti è quello che viene loro opposto da tanto, troppo tempo da parte della Commissione adozioni internazionali, di cui questi genitori tornano a denunciare pubblicamente il silenzio, la disinformazione e il modus operandi che, per così dire, “trascura” tante norme “dalla Costituzione in giù”.

Mercoledì 27 aprile, in un comunicato forte e condito di amara ironia, il Comitato Genitori Rdc è  tornato a fare sentire la propria voce, nella speranza che, almeno questa volta, non resti inascoltata.

Quarantadue giorni prima era stato comunicato loro lo sblocco da parte del Paese africano delle pratiche adottive relative ai loro figli. Da quel momento, la situazione è “integralmente” nella mani della Cai. Quella stessa Cai che, anni prima, avrebbe garantito che “in caso di sblocco, tutto si sarebbe compiuto in poche ore” e che l’incontro tra genitori e figli sarebbe potuto avvenire in tempi brevi. Invece, da 42 giorni, “il silenzio si è fatto ancora più sorprendentemente tombale”, affermano le coppie nel comunicato.

Il ricongiungimento in tempi brevi si è immediatamente rivelato un’utopia. Innanzitutto perché la maggioranza dei bambini non sarebbe stata ancora dotata di passaporto. La Cai avrebbe detto agli enti di riferimento delle coppie di non occuparsi del problema, ma essa stessa non aveva preparato i passaporti per tempo e neppure li consegna all’ambasciata italiana a Kinshasa. Ritardando così l’emissione dei visti, necessari per l’ingresso dei bambini in Italia.

Inoltre, “la Cai decide anche quando dovranno arrivare i bambini e l’ora in cui li dovremo abbracciare”, sottolineano i genitori, ricordando quanto avvenuto l’11 aprile ad altre coppie. “Generalmente alla Cai piace creare un po’ di emozione – scrivono ironicamente -. Stabilisce anche i luoghi del nostro primo incontro, con indicazioni mutanti, per raggiungere con pathos i posti originali e segreti, per far sì che il momento sia quanto di più magico si possa immaginare”. Dov’è l’interesse del minore in tutto ciò? Il vero interesse, fanno capire le coppie, pare essere un altro: quello di evitare che, sul luogo dell’incontro, si presentino giornalisti intenzionati a chiedere alla presidente della Commissione il perché di “questi atteggiamenti disumani”. Con buona pace dei bambini, costretti a restare “in orfanotrofio qualche mese in più”.

 

Fonte: Genitori adottivi Rdc