Adozioni internazionali: Romania e Bulgaria, due Paesi a confronto

Ai.Bi. - bambini in un internat di KievLa Bulgaria ha dimostrato che è possibile combattere il mercato dei minori senza chiudere le adozioni internazionali” ha detto Krassimira Natan, Avvocato e referente dello staff di Ai.Bi. in Bulgaria, intervenendo nel corso della Conferenza “Challenges in adoption procedures in Europe” tenutasi martedì 1 dicembre al Palais de l’Europe di Strasburgo.

La Bulgaria è un Paese che, a differenza della Romania, ha scelto di promuovere una politica dell’adozione improntata alla trasparenza e al rigore, scongiurando così la decisione estrema di bloccare le adozioni internazionali. Dopo un periodo di progressivo rallentamento, il Governo di Sofia ha infatti deciso, a fine 2007, di dare nuovo impulso alle adozioni internazionali. Lo ha fatto partendo da un cambiamento dei membri dell’Autorità Centrale per le adozioni e intensificando il numero delle sedute dell’ente, introducendo nuovi criteri per l’abbinamento dei minori adottabili alle aspiranti famiglie adottive, creando un regolamento ad hoc per i bambini con “bisogni speciali” (ovvero appartenenti a etnie di minoranza, con problemi di salute o di età superiore ai sette anni).

I risultati sono arrivati già nel 2008: il Ministro della Giustizia ha dato la possibilità a 184 bambini di essere accolti da una famiglia l’adozione internazionale (nel 2007 erano meno della metà: 81 minori); nei primi dieci mesi del 2009 sono stati ben 189 i bambini che hanno trovato una famiglia con l’adozione internazionale.

Determinante per questo nuovo corso delle adozioni internazionali il ruolo esercitato dalla stampa bulgara e dall’opinione pubblica che, venuta a conoscenza della drammatica realtà della propria infanzia, ha reagito chiedendo al Governo di mettere in atto politiche per dare una famiglia a migliaia di minori abbandonati. Posizione davvero lungimirante da un Paese che ha dimostrato così di aver assorbito pienamente l’esprit europeo.

Rimane invece preoccupante la situazione in Romania. A differenza di Sofia, la società civile e le istituzioni rumene si sono chiuse dietro la facciata dell’orgoglio nazionale, procrastinando la moratoria delle adozioni internazionali in atto dal 2001. A pagarne le spese sono oltre 80mila i minori che vivono in istituto o in stato di accoglienza temporanea.

Eppure in Romania vi sono uomini politici di profilo europeo come il numero uno dell’Ufficio per le adozioni Bogdan Panait, che a Strasburgo si é confrontato con intelligenza e grande capacità di ascolto con i colleghi e i referenti europei. Non va dimenticata la proposta di Panait, presentata al Governo lo scorso ottobre, di riaprire le adozioni internazionali. Questi politici dovrebbero essere sostenuti e aiutati nei loro tentativi di mettersi dalla parte dei bambini.