Adozioni internazionali. Interrogazione parlamentare Di Biagio (Ap) “Dopo gestione Della Monica urge riforma del comparto delle adozioni internazionali attualmente scenario di abbandono istituzionale”.

Fornire chiarimenti sul comportamento dell’ex vicepresidente della Cai, Silvia Della Monica, della “trincea mediatica” realizzata ad hoc,nella quale si è osservata per anni la contrapposizione tra soggetti istituzionali e addetti ai lavori, alimentando la cultura del sospetto e della confusione”.

E ancora “rimettere in discussione i parametri di operatività e di priorità con cui lo Stato italiano ha inteso gestire il comparto delle adozioni internazionali” negli ultimi anni, sollecitando “una ricollocazione della disciplina dell’accoglienza tra le priorità delle politiche sociali del Paese”.

Questo il “cuore” dell’ interrogazione presentata dal Senatore di Area Popolare, Aldo Di Biagio nella quale ripercorrendo quanto riportato da Il Fatto Quotidiano nell’articolo pubblicato lo scorso 15 giugno sulle anomalie relative alla gestione della Commissione Adozioni internazionali ad opera dell’ex vicepresidente Della Monica, il senatore Di Biagio chiede “una riforma del comparto delle adozioni internazionali attualmente scenario di abbandono istituzionale”.

Riportiamo la versione integrale dell’interrogazione al Presidente del Consiglio dei ministri.

Atto n. 4-07703

Pubblicato il 27 giugno 2017, nella seduta n. 845

DI BIAGIO – Al Presidente del Consiglio dei ministri. –

Premesso che, per quanto risulta all’interrogante:

il numero delle adozioni in Italia ha subito un importante contenimento: sebbene tra il 2014 ed il 2015 vi sia stata un timido rialzo, il crollo del numero di procedure adottive è prossimo al 50 per cento, dal 2010 al 2015;

sebbene si continui a rintracciare in molteplici ragioni quelle legittimanti il contenimento, in primis correlate all’indisponibilità economica delle famiglie in uno scenario di evidente crisi, non si può astrarre l’analisi di tale trend dallo scenario legislativo e amministrativo entro il quale sono state finora disciplinate le procedure adottive e che afferiscono, in particolare, al deficit funzionale che ha condizionato l’operatività della Commissione per le adozioni internazionali (CAI) nell’ultimo triennio;

nello specifico, risultano evidenti le disfunzioni del sistema italiano, legate a frammentazione di informazioni, assenza di collegialità degli organi competenti, assenza di confronto e prospettive programmatiche finalizzate alla migliore attuazione della mission delle adozioni internazionali;

la consapevolezza di tale scenario è stata conclamata da una molteplicità di iniziative politico-parlamentari tutte orientate a segnalare la sofferenza del comparto e la sussistenza di una molteplicità di vincoli e limiti tali da condizionare le dinamiche di accesso e attuazione delle procedure adottive in Italia e la compromissione dell’operatività degli addetti ai lavori, in particolare enti ed associazioni: malgrado atti di sindacato ispettivo, iniziative e appelli, la CAI, nel corso degli ultimi anni, non ha dato riscontri alle famiglie adottive, nonché alle associazioni che operano per la difesa dei diritti dei minori abbandonati,

a tale scenario, si sono aggiunti dei tratti di maggiore criticità all’indomani delle indiscrezioni apparse su un articolo de “Il Fatto Quotidiano” dal titolo “Adozioni, il lato oscuro dello Stato: cambio al vertice dopo tre anni di ombre, veleni e conflitti politico-giudiziari” (del 15 giugno 2017) che fornirebbe una potenziale chiave di lettura alternativa all’impasse della Commissione dell’ultimo triennio, attraverso intercettazioni dell’ex vice presidente raccolte nell’ambito delle indagini afferenti ai vertici di alcuni degli enti accreditati presso la CAI rinviati a giudizio con l’accusa di associazione a delinquere finalizzata a truffa;

nello specifico, stando alle evidenze apparse, l’ex vice presidente della CAI sarebbe stata intercettata dalla Procura di Savona nell’ambito dell’indagine a carico dell’ente “Airone”, su cui vertono i suddetti capi di accusa ed in riferimento al quale nel mese di febbraio 2017 sono stati rinviati a giudizio i vertici per quanto riguarda lo scandalo delle adozioni fasulle in Kirghizistan, che ha coinvolto ben 21 famiglie italiane;

 stando a quanto riportato da “Il Fatto”, l’ex vice presidente, tra l’altro, sarebbe stata ascoltata dagli inquirenti in riferimento al ruolo dell’ente Airone in Kirghizistan, per accertare l’ipotesi che «una volta ereditata la grana (…) abbia assecondato in qualche modo il disegno di alcuni responsabili di enti (…) di aggirare la revoca della onlus di Albenga tramite una fusione tra enti o l’uso di enti “prestanome” così da continuare a utilizzarne le autorizzazioni e gestirne le procedure adottive»;

 nell’ambito del medesimo filone di indagine, sarebbero emersi dei comportamenti apparentemente inspiegabili da parte della direzione della CAI come l’invito ripetuto a “non parlare al telefono di certi argomenti”, nonché presunti tentativi di ostacolare le richieste degli inquirenti nonché di accesso agli atti, correlati ad enti operanti in maniera “opaca”, distrutti durante la notte;

 vale anche la pena richiamare quanto evidenziato dal legale che a Torino assiste le coppie in carico all’ente “Enzo B”, anch’esso oggetto di indagini, secondo cui «”L’ente pubblico non ha vigilato come avrebbe dovuto e ha frapposto enormi difficoltà alla richiesta di informazioni e delucidazioni da parte dei miei assistiti, venendo sistematicamente meno al principio di massima trasparenza e leale collaborazione reciproca che l’ente pubblico doveva garantire in ordine al buon esito delle procedure”»;

 vale la pena ricordare che per quanto attiene ai presunti illeciti operati dalla onlus Airone, già nel maggio 2015 è stata depositata l’interrogazione 4-04000 a firma dell’interrogante nella quale si chiedevano riscontri circa le anomalie di Airone, a cui la CAI aveva revocato l’autorizzazione ad operare con conseguente cancellazione dall’albo degli enti autorizzati, con la delibera del 19 marzo 2013 che sembrava essere stata aggirata considerando che il report annuale del centro adozioni della Asl di Brescia indicava il medesimo ente come quello che aveva seguito il maggior numero di adozioni ed essendo tale delibera precedente alle date che, nel report, vengono riferite alle procedure adottive seguite dall’ente Airone, sorgeva la necessità di verificare che i dati del centro adozioni della Asl di Brescia non rivelassero una violazione della revoca, con conseguente illegittimità della procedura adottiva portata avanti dall’ente e conclusa dallo stesso. Pertanto emergeva un ruolo sicuramente poco chiaro della CAI in quel frangente;

 in quella circostanza si chiedeva di verificare, attraverso gli organi competenti, la sussistenza dell’ipotetica violazione dei provvedimenti della CAI da parte del citato ente accreditato e quali fossero i meccanismi di monitoraggio e verifica del corretto operato degli enti da parte della CAI;

 la superficialità, le cui reali motivazioni si attende di comprendere, con cui la CAI ha inteso gestire l’affaire Airone, in particolare per quanto riguarda le adozioni fasulle in Kirghizistan, stando alle evidenze del processo in corso, e che è stata oggetto di molteplici denunce ed iniziative anche in sede parlamentare, appare sintomatica di un difetto di operatività e di controllo sugli enti su cui, allo stato attuale e malgrado l’avvicendamento alla presidenza della Commissione stessa, appare inderogabile dare riscontri ed avviare un percorso di “risanamento” amministrativo che coinvolga l’intero comparto;

 lo scenario drammatico che emerge dai procedimenti in corso rivela l’insussistenza di un sistema di tutele e di salvaguardia in capo ai genitori che avviano un percorso adottivo, sostanzialmente alla mercé degli eventi e quindi vittime potenziali di un sistema lacunoso: in questa prospettiva la previsione di un fondo di solidarietà per le vittime delle frodi nelle procedure di adozione internazionale potrebbe essere inquadrata in una prospettiva di garanzia delle famiglie, anche alla luce dell’istanza di maggiore tutela mossa da quelle famiglie, vittime delle truffe, che hanno dovuto sostenere non soltanto i costi per un percorso adottivo rivelatosi poi fasullo ma anche le inevitabili spese correlate ai procedimenti in corso contro gli enti interessati e che al momento si sentono letteralmente abbandonate dallo Stato;

 si evidenzia che, in merito ad una potenziale riforma del comparto delle adozioni internazionali e dell’ attuale deficit funzionale della CAI, è stata anche riscontrata una sorta di “trincea mediatica”, nella quale si è osservata per anni la contrapposizione tra soggetti istituzionali e addetti ai lavori, che ha alimentato la cultura del sospetto e della confusione, in uno scenario che avrebbe meritato trasparenza, chiarezza e correttezza: in particolare, come si evince dalle intercettazioni prodotte nella citata inchiesta, sarebbe stata alimentata una “faglia” all’interno del settore caratterizzata da una contrapposizione, tra l’altro, tra enti accreditati e nello specifico tra quelli rientranti nel “campo” scelto dalla vice presidente, e tutti gli altri, parafrasando quanto riportato nel citato articolo de “il Fatto Quotidiano”;

 le suddette evidenze risultano essere notevolmente in contrasto con quanto discusso nell’ambito del piano nazionale infanzia e adolescenza, che ha, come obiettivo generale, il rafforzamento della “genitorialità attraverso azioni atte a rinforzare il sistema di promozione, prevenzione e protezione dei bambini in situazione di vulnerabilità attraverso l’azione di sostegno alla genitorialità nei diversi contesti di vita” e tra le cui azioni è prevista l’attivazione di un tavolo permanente interistituzionale sullo stato di attuazione, sulla valutazione e su eventuali necessità di aggiornamento della legge n. 184 del 1983 e successive modificazioni e integrazioni che operi attraverso il confronto con le associazioni familiari impegnate nel settore, gli enti autorizzati e gli ordini professionali interessati che veda tra i promotori, tra gli altri, la stessa CAI, i dicasteri competenti e le associazioni del terzo settore;

 si ritiene che siano maturi i tempi per rimettere in discussione i parametri di operatività e di priorità con cui lo Stato italiano ha inteso gestire il comparto delle adozioni internazionali negli ultimi anni, sollecitando una ricollocazione della disciplina dell’accoglienza tra le priorità delle politiche sociali del Paese, in ragione del carattere preminente della tutela dei minori abbandonati e della tutela della sacralità della disponibilità all’accoglienza delle coppie, quale fondamento, da salvaguardare, della tenuta del tessuto sociale di un Paese,

 si chiede di sapere:

 se il Presidente del Consiglio dei ministri sia a conoscenza di quanto evidenziato e se intenda fornire chiarimenti circa la posizione dei vertici CAI nell’ambito degli illeciti oggetto di procedimento in corso e richiamati, dando in tal modo anche riscontro alle richieste di chiarimento formulate in molteplici atti di sindacato ispettivo susseguitisi dal 2014 ad oggi;

 se intenda avviare una riforma del comparto delle adozioni internazionali, anche alla luce delle debolezze del sistema emerse nell’ultimo triennio ed in parte oggetto di accertamento nelle sedi competenti;

 quale sia il valore che si intende dare al comparto delle adozioni internazionali, attualmente scenario di abbandono istituzionale, su cui urge un percorso di riforma legislativa invocata da tutti gli addetti ai lavori e se intenda avallare questa istanza;

 se non ritenga auspicabile valutare l’ipotesi di istituzione di un fondo di solidarietà per le vittime delle frodi nelle procedure di adozione internazionale a tutela delle famiglie già vittime di illeciti, che possa rappresentare un’opportuna quanto legittima premessa ad un percorso di riordino della disciplina.