Affido. Bambini in carcere: al posto delle celle… ecco le case-famiglia

Approvata alla Camera la proposta di legge: “mai più un bambino potrà varcare la soglia di un carcere”

I bambini piccoli che vivono con le madri in carcere, sono un grosso problema, perché pur non avendo commesso alcun reato, devono conoscere le stesse limitazioni, in una età in cui lo sviluppo cognitivo e fisico richiederebbe una particolare attenzione.

Alla Camera è stata approvata la proposta di legge dell’onorevole Siani, che afferma il principio secondo cui; “Mai un bambino potrà varcare la soglia di un carcere”.

Speriamo che questa volta le cose vadano bene, informa Avvenire, perché già si è cercato altre volte di affrontare questo problema con la legge Finocchiaro del 1997 e con La legge n°62 del 2011.

Ad esempio, la legge Finocchiaro, pur nata con le migliori intenzioni, non poteva funzionare a causa di alcuni presupposti che non potevano essere garantiti, come l’avere un domicilio stabile o l’insussistenza del pericolo di commettere altri reati.

Anche la legge 62 ha trovato ostacoli nella sua applicazione, per la difficoltà a rendere possibile il trasferimento negli ICAM (istituto a custodia attenuata per detenute madri) delle madri con i bambini, o in case famiglie protette, a causa delle carenze numeriche di queste strutture.

Bambini con le loro madri, ma non in carcere

Sempre Avvenire, in un altro articolo, sottolinea che è in iter legislativo la legge che dovrebbe impedire la presenza dietro le sbarre dei piccoli che hanno una mamma detenuta. Oggi sono 20 questi piccoli “nonostante l’ingiustizia e la palese incostituzionalità della pratica e l’esistenza di una legge del 2011 che prevede (ove possibile) che i bambini stiano con le loro madri, ma non in carcere”.

Il testo approvato alla Camera: “Tutela del rapporto tra detenute madri e figli minori” è a prima firma del deputato Paolo Siani ed è nato dall’appello del ministro Marta Cartabia. L’intenzione è quella di superare gli ICAM e rendere obbligatoria la collocazione della madre e del bambino in case-famiglia attrezzate, dove i piccoli lontani dal carcere possano vivere sereni e frequentare i coetanei.

Purtroppo, in Italia, le case-famiglia attrezzate, adatte ad ospitare queste mamme “speciali” e i loro piccoli, sono solo due, ubicate a Milano e Roma. 

Andrea Tollis, che gestisce la Casa di Milano dell’associazione C.i.a.o., spiega che questa legge è un passo avanti, perché per la prima volta non si parla di possibilità ma di obbligo di accogliere mamma e figlio in casa-famiglia attrezzata.

Una volta individuato “dove” si deve pensare anche al “come” di questa accoglienza; le case-famiglia non devono diventare piccole prigioni dorate, ma luoghi di elaborazione di un percorso di reinserimento sociale “nell’ottica di una progettualità che deve andare oltre la pena e farsi carico di queste madri e dei loro bambini in maniera globale, sanando i fattori di disagi pregressi e consentendo loro un’autonomia nel futuro”.

Visto il numero esiguo delle case-famiglia attrezzate in Italia è necessario incrementarle e curarne la qualità dei servizi offerti, facendo tesoro delle esperienze e preoccupandosi del sostegno economico indispensabile per un livello qualitativo adeguato al bisogno.