Affido. Come fare perché non si ripetano più questi tragici errori?

È urgente istituire la figura dell’avvocato del minore per assistere e difendere il bambino fin dal momento in cui si trovi “fuori famiglia”, a garanzia del fatto che vengano sempre rispettati i suoi diritti

Vi ricordate l’inchiesta sui “Diavoli della Bassa modenese” che alla fine degli anni 90 aveva portato all’allontanamento di 16 bambini dalle loro famiglie?

Un’intervista rilasciata a Repubblica, da Davide, il bambino “zero” che nel 1997 diede il via al caso, in cui il giovane ormai trentunenne, all’epoca dei fatti ne aveva appena 7, chiede scusa e ritratta tutte le accuse.

Davide dice di essersi inventato tutto.

Non ha mai subito alcun abuso da suo padre e suo fratello. Nessun rito satanico con violenze e coinvolgimento di bambini è mai stato realizzato. Dopo di lui altri bambini avevano confessato le violenze. Alcuni genitori finirono in carcere per pedofilia, altri furono assolti, una mamma si suicidò per le accuse infamanti che le erano piovuto addosso, 16 bambini furono allontanati dai loro genitori.

Perché tutto questo? Perché un bimbo di 7 anni dovrebbe inventare cose così tremende?

Tutto ebbe inizio quando il piccolo Davide, la cui famiglia era molto povera, fu dato in affido ad un’altra famiglia, continuando a mantenere rapporti con mamma, papà e fratelli biologici.

Una volta – racconta Davide a Repubblica– vidi mia madre naturale molto triste. E divenni cupo anche io. Così quando tornai dalla famiglia affidataria, la donna che poi diventò la mia mamma adottiva mi chiese se fossi stato maltrattato. Ha insistito tanto che alla fine le dissi di sì. Anche perché avevo paura di essere abbandonato se non l’avessi accontentata. Senza rendermi conto delle conseguenze di quello che stavo facendo”.

Seguirono i colloqui con le psicologhe e le domande che Davide definisce, nell’intervista al quotidiano: “martellanti”. Colloqui lunghissimi, anche di 8 ore: “Non smettevano finché non dicevo quello che volevano loro […] Mi sono inventato tutto. Perché se dicevo che stavo bene non mi credeva nessuno. A forza di insistere ho detto quello che si volevano sentir dire”.

Dopo Davide, altri bambini confermarono i suoi racconti. Come mai?

Secondo Davide, anche loro, probabilmente, a causa delle domande pressanti degli operatori. Alcuni di loro confermano la propria versione tutt’oggi: “Perché nelle loro menti si è ormai creato un falso ricordo– commenta Davide- o perché è difficile raccontare la verità adesso, dopo tanti anni. Hai paura che se la possano prendere con te per tutte le bugie che hai detto. Anche io avevo paura di dire la verità”.

Davide è stato ricoverato più volte in questi anni:

Mia madre mi ha portato anche dallo psicologo Claudio Foti a Bibbiano– racconta al giornalista di Repubblica- Anche lui ha provato a farmi dire che avevo subito degli abusi. E di stare lontano dai giornalisti. Nel mio ultimo ricovero invece sono entrato volontariamente. Perché io continuavo a dire che quegli abusi non erano mai avvenuti mentre la mia madre adottiva continuava a dire che invece erano avvenuti e che dovevo farmi curare. Non sapevo dove sbattere la testa e ho chiesto di essere ricoverato per qualche giorno. Ma invece mi hanno tenuto 41 giorni contro la mia volontà. Un avvocato mi ha aiutato ad uscire”.

Dalla parte dei bambini e delle loro famiglie

Una storia complessa e lacerante, che evidenzia ancora di più, se mai ce ne fosse bisogno, l’urgenza di una riforma del sistema affido. Un testo molto atteso. Sono diverse le proposte di legge recanti modifiche al codice civile e alla legge 4 maggio 1983, n. 184, in materia di affidamento dei minori, in esame in commissione giustizia alla Camera.

 Anche la voce delle associazioni familiari è stata ascoltata in un’audizione alla Camera. Tre le proposte auspicate da Ai.Bi: un sistema di accreditamento del privato qualificato che, ispirandosi al sistema sanitario e scolastico, realizzi canali paralleli ma dialoganti con il pubblico al fine di implementare i servizi di affido e assistenza minori. Il riconoscimento chiaro delle case-famiglia come tipologia distante dalle strutture di accoglienza di tipo familiare e l’inserimento della figura dell’avvocato del minore che sia in grado di assistere e difendere il bambino fin dal momento in cui questi si trovi “fuori famiglia”, a garanzia del fatto che vengano sempre rispettati i loro diritti.

Perché non si ripetano più questi tragici errori…