Affido. Le novità della riforma: avvocato del minore; ruolo del terzo settore; riconoscimento giuridico delle case-famiglia

Iniziato, in Commissione Giustizia della Camera, l’esame per una riforma molto attesa: quella sull’affido. Cristina Riccardi, vicepresidente Ai.Bi., evidenzia i tre punti nodali per imprimere all’accoglienza familiare temporanea la svolta storica da tutti auspicata

In questi giorni, la Commissione Giustizia della Camera sta esaminando la proposta di legge delega per la “Riforma dei procedimenti per la tutela e l’affidamento dei minori”.
Presentata dall’Onorevole Stefania Ascari (M5S) come prima firmataria, si tratta di una legge ambiziosa che punta a mettere a punto un testo condiviso da tutte le forze politiche (in discussione ci sono anche proposte di Lega, PD e Forza Italia) e che recepisca anche le indicazioni provenienti dalle associazioni e le realtà da tempo impegnate in questo settore, Ai.Bi. in testa.
Non a caso, proprio Ai.Bi, insieme al Forum delle Associazioni Familiari, aveva contribuito alla stesura della presentazione e approvazione della legge 149/2001. Una buona legge che, però, per via degli inevitabili cambiamenti sociali avvenuti nel corso degli anni, necessita ora di un aggiornamento: aggiunte, limature e anche una piena applicazione.

Abbiamo posto qualche domanda a Cristina Riccardi, vicepresidente e delegata alle politiche familiari di Ai.Bi., per capire quali siano le proposte che verranno portate all’attenzione della commissione.

L’intervista a Cristina Riccardi, vicepresidente Ai.Bi, sulla riforma affido

Un punto che ci pare centrale è la questione delle risorse a disposizione per il settore ma anche una rimodulazione dei rapporti tra enti pubblici e privati. Giusto?

Lamentiamo spesso la mancanza di risorse nel sistema-affido. I servizi tutela minori e i servizi affido hanno subìto tagli a partire, soprattutto, della crisi economica del 2008: sono presenti sul territorio nazionale a macchia di leopardo. D’altro canto, ci sono associazioni, cooperative, fondazioni che da ancor prima della legge 184/83, che ha normato l’affido, si occupano di accoglienza. Un patrimonio di esperienza inestimabile che deve diventare risorsa sfruttata al 100% per i bambini e le famiglie che ne hanno bisogno.

AiBi, ispirandosi al sistema sanitario e scolastico, propone canali paralleli ma dialoganti tra pubblico e privato: un privato qualificato con standard essenziali di servizio pari al pubblico che, a sua volta alleggerito, potrebbe alzare anche il proprio livello di prestazione. Un sistema certo da progettare con cura, per non rischiare il venir meno di responsabili ultimi. In sostanza un sistema di accreditamento.

Riforma affido: la tutela legale del minore

Altro punto decisivo è la tutela legale dei minori: sulla carta è garantita, ma nella realtà?

La Convenzione di NY del 1989 sui diritti dell’Infanzia e dell’Adolescenza e Convenzione di Strasburgo del 1996 riconoscono il diritto dei minori ad essere difesi da un avvocato in tutti i procedimenti giudiziali che lo riguardano.

Le norme procedurali previste all’Art. 8 della legge n. 149/2001 – entrate in vigore solo nel 2007 in seguito a una serie di deroghe – non sono mai entrate in capillare funzione. Questo articolo prevede la figura di un avvocato per l’accertamento dell’adottabilità

Noi proponiamo la nomina di un avvocato che sia in grado di assistere e difendere il minore fin dal momento in cui questi si trova “fuori famiglia”, a garanzia del fatto che vengano rispettati i diritti dei bambini come avviene per le parti adulte coinvolte.

L’avvocato dovrebbe monitorare l’andamento del progetto di affido familiare o in comunità familiari e promuovere ogni azione a protezione dei suoi interessi e diritti.

Il ruolo delle comunità educative e famigliari

Parliamo di ragazzi “fuori famiglia”: le strutture di accoglienza non mancano, c’è, però, forse, un po’ di confusione su ruoli e compiti specifici di ciascuna struttura?

Come soprattutto le vicende degli ultimi anni hanno dimostrato, c’è un’enorme confusione rispetto alle tipologie delle strutture di accoglienza dei bambini e ragazzi allontanati dalle famiglie d’origine. Alla voce “casa famiglia” corrispondono sia comunità educative che comunità famigliari e case-famiglia vere e proprie.
È fondamentale distinguere i diversi tipi di accoglienza che devono rispondere ai diversi bisogni dei bambini e dei ragazzi.

Da anni Ai.Bi., con il Forum delle Associazioni Familiari, propone il riconoscimento giuridico delle Case-Famiglia intesa come presidio di solidarietà sociale in cui una famiglia costituita da due persone adulte, uomo e donna coniugati o meno, con o senza figli, vivano in modo stabile. In simile contesto la funzione genitoriale è a carico della coppia, benché possano essere previsti supporti di tipo educativo. La proposta del Forum prevede poi la definizione della comunità di tipo famigliare (con almeno un adulto residente) e le comunità educative (con educatori professionali, presenti con modalità “a rotazione”). Il “grado di familiarità” è ciò che dovrebbe definire le diverse strutture di accoglienza. Fermo restando che ciò che serve ad un bambino per una crescita il più possibile serena, è una famiglia.