Affido. Ora non ho più voglia di essere “figlia”

Viola, 17 anni: “Cosa sarebbe successo se il tribunale avesse tolto quando ero piccola la patria potestà ai miei genitori biologici? Forse le cose sarebbero andate diversamente?”

Sentire la voce di chi vive sulla propria pelle certe situazioni complesse, ci aiuta a metterci nei panni e a comprendere le grandissime implicazioni che le decisioni giuridiche hanno sulla vita delle persone. Ciò che è deciso “freddamente” in un Tribunale, a volte per “disattenzione”, talvolta per lungaggini burocratiche e a volte anche per posizioni ideologiche, influisce sulla traiettoria di vita di bambini che rimangono “appesi”, senza che il loro diritto ad avere una famiglia venga assicurato.

Proprio come è accaduto a Viola, oggi, 17 anni, bimba in affido, prima in comunità per 6 anni e poi dall’età di 11 anni in famiglia. Viola oggi non sente nessuno come suo “reale genitore” anche se i suoi genitori affidatari racconta, sono i suoi punti di riferimento e si domanda: “Cosa sarebbe successo se il tribunale avesse tolto quando ero piccola la patria potestà ai miei genitori biologici? Forse le cose sarebbero andate diversamente?

Questa è la sua storia…

Mi chiamo Viola e ho 17 anni. Vivo con la mia famiglia affidataria da 6 anni.

Sono rappresentante di istituto nella mia scuola e ho organizzato un’assemblea studentesca sull’affido. Volevo creare un’occasione in cui far capire anche ai miei coetanei cosa vuol dire l’affido. C’è molta confusione tra adozione e affido e spesso mi trovo a rispondere a domande che me lo fanno capire. Mi piacerebbe sensibilizzare le persone, perché ci sono tanti bambini che sono fuori dalla loro famiglia ma pochissime famiglie affidatarie.

Oggi ho parlato della mia storia. A tutto il mio Istituto.

Mio padre biologico è schizofrenico, molto grave e talvolta è stato violento con mia madre biologica. Lei è “borderline”, come dice lo psichiatra. Io la definisco anaffettiva.

Ho vissuto i miei primi 4 anni di vita con i miei genitori biologici, ma non mi accudivano bene. Non mi lavavano, non mi nutrivano a sufficienza, non mi stimolavano, fino al giorno che un’automobile dei servizi sociali mi ha “prelevata” dall’asilo e mi ha portata in una comunità. Lì ci sono rimasta per 6 anni.

In questi anni gli incontri con i miei genitori biologici sono stati regolari, soprattutto con mio padre, anche se non frequenti. Quando, dopo tanti anni, è stato deciso che sarei andata in affido, io avevo tanta paura di cambiare di nuovo la mia vita, ma poi, pian piano mi sono adattata e a un certo punto ho “scelto” di accettare ciò che la mia nuova famiglia mi proponeva, compresi regole e valori. Gli incontri con mio padre sono continuati mensilmente.

Io non sento nessuno come un mio “reale genitore”, anche se i miei genitori affidatari sono per me dei punti di riferimento fondamentali. Fra un anno compirò 18 anni e l’unico modo per mantenere un legame ufficiale con loro sarebbe farmi adottare. Ma io ho deciso che non voglio, perché sarebbe come cancellare la mia storia, anni in cui ho comunque frequentato la mia famiglia di origine.

Però a volte mi fermo e mi domando: ma perché il giudice non ha tolto la responsabilità genitoriale ai miei quando ero piccola, visto che mio padre è gravemente schizofrenico e non sono mai stati in grado di occuparsi di me?

Forse le cose sarebbero andate diversamente. Forse avrei avuto davvero dei genitori.

Chi volesse avere maggiori informazioni sull’affido o partecipare ad uno degli incontri informativi sull’accoglienza affidataria può consultare la pagina dedicata QUI