Aminatà, “la stella più bella” è la prima bambina nata alla Tenda di Abramo

braccialetti migrantiQuando arrivo alla Tenda di Abramo, la casa di accoglienza per famiglie di richiedenti asilo che Amici dei Bambini gestisce in provincia di Milano in accordo con la Prefettura locale, trovo Ahmed, 4 anni, che fa una cosa che tutti i bambini qualche volta fanno: i capricci. Proprio non ne vuole sapere di buttare una buccia di banana nel posto giusto. Probabilmente la raccolta differenziata gliela devono ancora spiegare. Con il giusto equilibrio tra dolcezza e severità, l’educatrice di Ai.Bi. lo convince almeno a non lasciare la buccia sulle scale. Poi mi accompagna a conoscere Aminatà. È una neonata di 12 giorni, ma ha già tanti capelli ricci in testa e un’espressione serena nel suo sonno pomeridiano. Aveva fretta di venire al mondo: l’ha fatto con 2 settimane di anticipo sui tempi previsti. Aminatà è la prima bambina nata in Italia dalle famiglie ospiti della Tenda di Abramo.

Aminatà è figlia di Aboubacar e Mamadama, due giovani richiedenti asilo fuggiti prima dalla Guinea e poi dalla Libia, dove la vita per loro era diventata impossibile. Dopo aver assistito a violenze di ogni sorta e aver affrontato un viaggio drammatico, per fortuna finito bene, a fine agosto sono stati accolti nella Tenda di Abramo, nell’ambito del progetto Non lasciamoli soli della campagna Bambini in Alto Mare di Ai.Bi.

Mamadama era all’ottavo mese di gravidanza. Nella casa d’accoglienza l’attesa è stata serena. Fino al 22 ottobre, quando Aminatà ha visto la luce di un mondo che i suoi genitori sperano migliore di quello che hanno lasciato in Africa.

“Abbiamo scelto per lei il nome di mia madre – dice Aboubacar -: è lei la persona che mi dà i buoni consigli, anche se vive ancora in Guinea. Ringrazio Dio per averci dato Aminatà: per noi è come la più bella delle stelle che si vedono dal mondo. La piccola rappresenta l’inizio di una nuova vita anche per i suoi genitori: “E’ la nostra prima figlia nata in Europa”, ricorda il suo papà.

Aboubacar e Mamadama, infatti, hanno altri due figli rimasti in Guinea. I quali, insieme a tutto il resto della famiglia, hanno saputo della nascita di Aminatà solo dopo una settimana. Come vuole una tradizione del popolo guineano. “Nel nostro Paese – racconta Aboubacar – 7 giorni dopo la nascita di un figlio si fa una festa. A seconda delle possibilità economiche della famiglia si sacrifica un agnello o un pollo. Ma noi eravamo in Italia e ci hanno spiegato che qui da voi questi sacrifici non si fanno. Quindi abbiamo scelto di festeggiare in modo diverso: una grande festa organizzata in casa con tutti gli altri ospiti della Tenda di Abramo.

Dove Aminatà, ovviamente, è diventata la mascotte: fin dalla mattina tutti la vogliono coccolare, compresi gli altri bambini della comunità.

La nascita di Aminatà è il punto di arrivo, felice, di tante sofferenze e di tanta ansia affrontate durante la traversata dalla Libia alla Sicilia. “Dopo 10 ore di navigazione, il barcone sui cui viaggiavamo ha avuto bisogno di aiuto – ricorda Aboubacar –: è arrivata  una nave tedesca che ci ha soccorsi. Poi siamo stati trasferiti su una nave norvegese che ci ha portati a Catania. Un viaggio massacrante. Mia moglie era debolissima, è arrivata completamente disidratata, al suo arrivo è stata portata in ospedale per le sue condizioni. Non voglio dimenticare niente di tutto questo: perciò ho voluto conservare i braccialetti che i soccorritori ci hanno dato per il trasferimento da una nave all’altra. Su quelli assegnati a Mamadama c’è il numero 1: avevano capito che era la persona da aiutare per prima. Dentro di lei c’era Aminatà: che non vedeva l’ora di diventare protagonista in un mondo finalmente sicuro.