Cassazione. Niente assegno di mantenimento alla figlia che rifiuta due lavori

L’assegno di mantenimento non ha una “funzione assistenziale incondizionata” per i figli maggiorenni. Se il figlio si rifiuta di lavorare, niente assegno, mentre se studia, anche con risultati pessimi, assegno mantenuto

È sempre delicato parlare di giovani e di lavoro: dai “bamboccioni” di Padoa – Schioppa alle recenti boutade di Alessandro Borghese su come i ragazzi non abbiamo più voglia di “fare sacrifici” (che si può anche leggere, volendo, “lavorare gratis…” ma vabbé) la polemica è sempre a portata di mano. E come sempre accade in questi casi, si finisce per portare avanti una guerra di posizioni in cui il merito delle questioni passa in secondo piano rispetto all’appartenenza al proprio “schieramento”.

Niente assegno di mantenimento dopo il doppio rifiuti di un lavoro

E quando lo scontro si inasprisce, finisce che è la Cassazione a dover prendere una decisione, come avvenuto nel caso di una ragazza di 22 anni, figlia di una coppia divorziata, che riceveva un assegno mensile di 300 euro da parte del papà. Assegno che, dopo il rifiuto della ragazza di due differenti proposte di lavoro ricevute, il papà ha deciso di sospendere.
Ebbene, la Consulta, esaminato il caso, ha dato ragione al padre e messo nero su bianco che si debba escludere che “l’assegno di mantenimento persegua una funzione assistenziale incondizionata dei figli maggiorenni”.
Secondo quanto ricostruito da Rai News – Friuli Venezia Giulia, la ventiduenne di Gorizia avrebbe prima rifiutato un impiego come segretaria nello studio legale del padre e, successivamente, un posto da cameriera. A questo punto il papà ha deciso di non pagarle più l’assegno e la ragazza, per riaverlo, si è rivolta al Tribunale che, però, le ha dato torto, dichiarando il ricorso “manifestamente infondato”.

Assegno mantenuto per il figlio che ancora studia. Nonostante la condotta scolastica

A questo punto della storia, i titoloni dei giornali vengono abbastanza facili e tutti, bisogna essere onesti, salutano con soddisfazione la decisione della Cassazione, quasi fosse un atto pubblico di “educazione” verso “questi giovani fannulloni”.
Non conosciamo abbastanza bene i fatti per dare un giudizio oggettivo, ma vale la pena raccontare anche la parte della vicenda che non è ripresa dai titoli, ovvero quella in cui la Cassazione dà torto al padre, che voleva togliere l’assegno anche al figlio diciottenne per lo scarso rendimento scolastico. In questo caso, la Corte d’Appello, prima, e la Cassazione, poi, hanno ribadito che la condotta “morale” del ragazzo non può essere presa in considerazione come motivo per togliergli l’assegno, in quanto, essendo alla fine stato ammesso all’ultimo anno delle superiori, “c’è la possibilità che completi gli studi”. Inoltre: “non c’è prova che il lavoro offertogli dal padre e rifiutato fosse conforme alle sue attitudini e aspirazioni”.
Insomma, “bamboccioni” (forse) sì, ma fino a un certo punto!