Bambini comprati, così il Tribunale di Trento legalizza la schiavitù: una sconfitta per la civiltà

adozioni gayDue violazioni della legge in un colpo solo che segnano un ritorno ai tempi più bui della storia. Permettendo al partner di una persona omosessuale di essere iscritto all’anagrafe come “secondo padre” di 2 gemelli nati con maternità surrogata, la Corte d’Appello di Trento ha ignorato 2 limiti normativi: quelli che escludono dall’ordinamento italiano sia l’utero in affitto che l’adozione da parte di coppie dello stesso sesso. Una pronuncia che ha subito scatenato le reazioni bipartisan della politica, oltre a quelle di giuristi e associazioni impegnate nella difesa dei diritti dei minori.  E che lascia immaginare un piano più articolato, finalizzato a ostacolare l’adozione internazionale per favorire il ricorso all’utero in affitto e all’eterologa.

Questi i fatti. Sei anni fa, in Canada, due

Questi i fatti. Sei anni fa, in Canada, due bambini nascono con maternità surrogata, “commissionati” da un uomo che vive in Trentino insieme al suo partner omosessuale. Entrambi gli uomini vengono registrati come genitori dalla Superior Court of Justice canadese. In Italia, però, l’ufficiale di stato civile del Comune a cui la coppia si rivolge si rifiuta di aggiungere sull’atto di nascita dei bambini anche il nome del partner del padre biologico. Ma il 23 febbraio, la Corte d’Appello di Trento, con un’ordinanza, stabilisce che tale rifiuto è illegittimo.

Nella motivazione della sentenza, i giudici scrivono che “le conseguenze della violazione delle prescrizioni e dei divieti della legge 40/2014 (che vieta nel nostro Paese la maternità surrogata, ndr) imputabili agli adulti che hanno fatto ricorso a una pratica illegale in Italia non possono ricadere su chi è nato”. A parere dei giudici, quindi, la sentenza sarebbe, paradossalmente, nel superiore interesse dei minori, che si sostanzierebbe “nel diritto di conservare lo status di figlio riconosciuto in un atto validamente formato in un altro Stato”.

“È un grande ritorno indietro – dice la senatrice del Partito Democratico Emma Fattorini definendo la decisione della Corte trentina -. La figura materna identificata nella madre biologica viene completamente annullata. Deve essere vietata la commercializzazione a livelli spudorati che infliggono anche la mercificazione del corpo delle donne che ci riporta a tempi che pensavamo superati”. Sulla stessa linea anche, dal fronte dell’opposizione, la deputata di Idea Eugenia Roccella, secondo cui l’ordinanza “è la logica conseguenza della legge sulle unioni civili, che, con il comma 20, “ha dato un chiaro messaggio ai giudici, confermandone la possibilità di sentenziare nella direzione della genitorialità gay”.

Dure condanne arrivano anche dai giuristi. Quelli del Centro Studi Livatino ricordano infatti che “l’ordinamento minorile è da sempre basato sul dato naturale della duplicità maschio-femmina della figura dei genitori” e rimarcano dunque che “questa ordinanza lo sostituisce con la duplicazione della stessa figura e quindi impoverisce il minore”. Per Cesare Mirabelli, presidente emerito della Consulta, “siamo di fronte a una corte che si fa arbitro assoluto di una innovazione normativa audace, che sorpassa la legge italiana e va al di là delle esigenze che possono esserci nell’adozione di un minore”.

Insorgono anche le associazioni e i movimenti in difesa dei diritti dei bambini. “Con questa ordinanza il Tribunale di Trento legalizza di fatto la schiavitù – denuncia Marco Griffini, presidente di Amici dei Bambini -. Si tratta a tutti gli effetti di una sconfitta della civiltà che fa segnare un ritorno ai tempi più bui della storia. Sentenze di questo tipo realizzano una chiara volontà politica: quella di distruggere l’adozione internazionale creando ad arte degli ostacoli che inducano le famiglie a rivolgersi sempre più alla maternità surrogata e alla fecondazione eterologa, piuttosto che all’accoglienza di un bambino abbandonato”.

Per Massimo Gandolfini, presidente del comitato “Difendiamo i nostri figli”, la sentenza di Trento “è una tessera in più nel mosaico di giurisprudenza creativa che, in spregio alle leggi dello Stato, fa quello che vuole”. “Attraverso l’escamotage della continuità affettiva – dice Gandolfini – viene autorizzata anche in Italia la pratica abominevole dell’utero in affitto”. Una pratica che “il Parlamento deve dichiarare reato universale”, si augura il medico bresciano. Il quale ricorda anche che “la Corte europea dei diritti umani ha ribadito che i bambini non possono essere comprati e che uno Stato ha tutto il diritto di vietare e perseguire la barbara pratica dell’utero in affitto”. Di giudici fin troppo creativi parla Alberto Gambino, presidente di Scienza&Vita, che ricorda come nel dibattito pubblico e nella legge sulle unioni civili si fosse “espressamente esclusa la stepchild adoption”, l’adozione del figlio del partner omosessuale.

Sulla vicenda interviene anche “Avvenire” che mette in guardia dal possibile doppio fine della sentenza di Trento. “La sua motivazione autentica – scrive il quotidiano dei vescovi italiani – è il soddisfacimento della ‘comune aspirazione alla genitorialità’ di due uomini che per questo hanno ‘colonizzato’ il corpo di una donna, riducendola a ‘fattrice’ di figli a pagamento”. Il tutto con il fine ultimo di arrivare “alla discussione decisiva sulla riforma dell’istituto dell’adozione con un carniere ben nutrito di sentenze favorevoli all’omogenitorialità. Niente di più lontano, dunque, dal superiore interesse del minore.