Bambini ospiti di strutture d’accoglienza: in Italia un business da 1 miliardo all’anno

Secondo i dati riportati da un’indagine pubblicata su “La Repubblica” in edicola oggi, in Italia sono oltre 20 mila i minori – tra neonati, bambini e ragazzi – ospitati da strutture di accoglienza, generando un business da 1 miliardo di euro all’anno.

Dall’inchiesta emerge che solo uno su cinque di questi ospiti viene poi assegnato (con adozione o affido) dai tribunali alle famiglie che ne fanno richiesta (più di 10mila). È una media bassissima, tra le più scarse d’Europa. Ad alimentare questa “stranezza” italiana sembra essere una nebulosa dove le cause nobili lasciano il posto al business.

Ogni ospite che risiede in una casa-famiglia infatti costa dai 70 ai 120 euro al giorno. La retta agli istituti (sia religiosi sia laici) viene pagata dai Comuni. Soldi pubblici, dunque. Erogati fino a quando il bambino resta “in casa”. Un giro d’affari che sfiora un 1 miliardo di euro l’anno. Tanto ricevono le oltre 1800 case famiglia italiane per mantenere le loro “quote” di minori.

Sull’argomento occorre però fare un po’ di chiarezza. Nell’articolo di Repubblica si parla genericamente di case famiglia: “Quante sono le case famiglia in Italia? Chi controlla il loro operato, anche amministrativo?”; in realtà sarebbe più corretto parlare di Comunità Educative.

Le case famiglia sono tutta un’altra cosa; sono strutture residenziali per minori con una coppia genitoriale che vive all’interno della struttura, di cui è uno dei principali riferimenti. Il numero dei minori (massimo 6), che si possono accogliere in casa famiglia, è inferiore rispetto alla capienza di una comunità educativa. Inoltre, come supporto alla coppia di riferimento, ci sono alcuni operatori: un educatore almeno part time, un coordinatore e uno psicologo.

Diversa è la struttura di una Comunità educativa che è gestita totalmente da operatori laici o religiosi. Il numero di accoglienze è di 10/12 minori e gli operatori coinvolti sono educatori professionali, che turnano sulle 24 ore.

L’indagine di Repubblica prosegue mettendo in evidenza anche la triste sorte che spetta a questi minori: “Il destino più comune per un bambino che cresce in una casa famiglia è quello di diventare un pacco. Sballottato di qua e di là, da una comunità all’altra. A volte i centri se li contendono come merce preziosa. Perché con un minore “in casa” ogni giorno piovono dal cielo rette da 70 euro a 120”.

Un’attenzione particolare è rivolta anche a quelli che dovrebbero essere i controlli Chi vigila sugli istituti che ospitano i senza-famiglia? “Esistono centinaia di enti e associazioni no profit che hanno il compito di rilevare la statistica esatta del numero dei bambini in attesa e degli adottandi-affidandi. Ma nessuno è in grado di fornire numeri esatti”.  

Per leggere l’articolo completo è possibile consultare il sito di Repubblica.