Brasile. “La nostra adozione collettiva. Cinque fratelli in tre famiglie: nell’adozione internazionale succede anche questo”

brasile9Siamo partiti l’8 agosto con altre due famiglie di Ai.Bi – raccontano Raffaella e Stefano per #iosonoundono- : abbiamo fatto insieme il viaggio, abbiamo condiviso tanto e ancora avremo da condividere”.

Un’adozione collettiva non priva di complessità che però è stata affrontata nel modo migliore e nell’interesse dei bambini.

Al momento pare che i bambini l’abbiano presa bene  – raccontano mamma e papà -: sono fratelli con un legame forte perché sono sempre stati insieme nello stesso istituto. Probabilmente avranno bisogno di tempo per metabolizzare quanto accaduto. Sono stati preparati e abbiamo visto che erano contenti di sapere che tutti loro hanno trovato famiglia. Vittoria e Gustavo hanno conosciuto i genitori degli altri fratelli, sanno dove sono. Certo, dovremo accompagnarli anche sotto questo aspetto”.

Inutile dire che l’incontro a San Paolo è stato emozionante per tutti. Mesi prima di quel momento speciale, i cinque fratelli avevano raccontato qualcosa di sé in un video spedito alle famiglie. I video successivi, realizzati dall’istituto, erano stati creati appositamente per ogni famiglia che aveva a sua volta risposto con altri filmati per farsi conoscere, per mostrare la casa, per presentare eventuali altri componenti delle famiglie.

All’inizio c’era poca confidenza da parte di tutti – dice Raffaella ricordando i giorni brasiliani –  poi piano piano abbiamo trovato affiatamento tra noi, anche momenti di confronto un po’ più forti durante la permanenza in Brasile: nel complesso è andata bene, anche perché siamo stati ben seguiti dai referenti di AiBi durante i 56 giorni”.

Prima di partire la coppia di Firenze ha studiato un po’ di portoghese frequentando un corso online. “Non è stato facile ma i bambini sono stati più bravi di noi – dicono – : in istituto avevano studiato un po’ di italiano e quindi sono stati più veloci loro a capire e farsi capire”.

Arrivati in Italia, ai primi di ottobre, “la gioia è esplosa al vedere la loro camera! – dice papà – : per il momento la condividono ancora, e sono felicissimi di avere uno spazio solo per loro” .

Vittoria e Gustavo adesso scalpitano per andare a scuola. Pur essendo arrivati a Firenze da poco tempo hanno voglia di incontrare compagni e imparare. La bambina ha iniziato la seconda elementare, il fratello la quarta.

L’inserimento a scuola sta avvenendo in modo molto graduale – dicono Raffaella e Stefano – D’ accordo con la referente Ai.Bi. e le maestre abbiamo concordato un esperimento: da metà novembre ai primi di dicembre i bambini entrano in classe tre giorni la settimana fino alle 11, ma ogni volta che vado a prenderli vorrebbero restare di più! Da dicembre andranno ogni giorno fino alle 12 e poi regolarmente da gennaio con un tempo parziale”.

Un progetto ad hoc pensato per gli alunni che hanno bisogno di tempo, anche per stare a casa con la famiglia. “Siamo stati fortunati – dicono i genitori – non solo la scuola è a due passi da casa ma vi sono insegnanti molto attenti all’inserimento dei bambini”.

Il periodo che porta al Natale aiuta comunque l’accoglienza nel nuovo mondo di Vittoria e Gustavo, già legati a cucinotti più piccoli e a qualche amico.

Hanno iniziato il catechismo e stanno imparando i canti natalizi – aggiunge Raffaella – : sarà senz’altro un Natale indimenticabile per noi, con i nonni e i parenti più stretti. In questo momento i nostri figli sono curiosi di tutto, aiutati da fatto che sono molto socievoli dopo una apparente timidezza. Capiscono la lingua e cominciano a parlare italiano, quindi chi li ferma più?

Raffaella e Stefano si sentono di proporre un paio di consigli alle future coppie adottive. Il primo: “Non farsi frenare dal tema dell’età dei figli: non è qualcosa che deve spaventare, nella realtà quotidiana sono bambini e basta”. Il secondo. “Non mollare mai! – conclude Raffaella – All’inizio del percorso eravamo stati destinati alla repubblica democratica del Congo, dove poi le adozioni si sono fermate. E’ stata una botta, perché ti rendi conto che fai già spazio per qualcuno, ma le cose evidentemente dovevano andare così.  Non bisogna avere fretta, occorre lasciar correre il tempo perché serve anche quell’attesa per aprirti davvero all’accoglienza”.