Adozioni internazionali. “Ciao, Ciao, aereo e poi torniamo”. Lo strazio dei 3 viaggi non ha distrutto la sua speranza e ora “Emanuel è nostro figlio”

bambino finestraTutti i figli – scriveva il poeta indiano Rabindranath Tagore – sono desideri nascosti nel cuore di ogni madre, ancor prima di nascere”. E così è stato anche per Emanuel, oggi 3 anni e mezzo: a discapito di molte avversità che hanno stravolto la vita di Elena e Patrick, il piccolo originario dell’Albania è riuscito ad essere loro figlio. E a portare gioia e felicità anche al fratello Nicolò.

Da sempre volevamo adottare un bambino ma essere genitori, per noi, ha significato, agli inizi, vivere anni turbolenti: il nostro primo figlio di 10 anni è affetto da un malattia genetica rara per cui, pur svolgendo una vita per così dire normale, deve assumere farmaci particolari e essere tenuto sotto controllo costante – dicono Elena e Patrick, che abitano in una cittadina in provincia di Varese – . Abbiamo dovuto imparare ad accettare una malattia complessa, considerata grave, che, imparentata con l’epilessia, ha molte sfaccettature. Tuttavia in questo contesto la situazione di nostro figlio è diventata ad oggi gestibile, pur sapendo che dovremmo confrontarci con la malattia per tutta la vita. Ecco perché l’idea dell’adozione è stata tenuta nel cassetto per alcuni anni: ma non è mai sparita”.

Mamma e papà hanno affrontato strade spesso in salita ma non si sono mai arresi all’eventualità di accogliere un bambino abbandonato appena fosse stato possibile. “Volevamo essere sicuri che, per un bambino abbandonato, la nostra famiglia potesse essere in grado di preparargli il giusto spazio” e così quando il momento pareva maggiormente propizio, presentarono domanda al Tribunale per i minorenni.

Con le esperienze vissute insieme a Nicolò, Elena e Patrick risultarono coppia di ferro nel corso dei colloqui con i Servizi sociali: Avendo superato molti ostacoli, gli assistenti sociali ci definivano ‘coppia allenata alle frustrazioni e alle difficoltà della vita’, un punto di forza per accogliere un bambino cresciuto in istituto. Molte delle patologie sanitarie prospettate durante i percorsi di formazione all’adozione, ad esempio, non ci spaventavano”.

Eppure, il decreto di idoneità all’adozione in un primo momento non arrivò.Secondo un giudice noi non eravamo idonei all’adozione – ricorda Patrick – in quanto ‘gravati dalla malattia del figlio biologico’. Una sentenza che ovviamente non ci ha fermato: abbiamo fatto ricorso e abbiamo vinto” (leggi qui la storia 21 marzo 2012)”.

Un’attesa abbastanza lunga ma vissuta con gioia e consapevolezza: nel 2015 finalmente la partenza per il primo dei tre viaggi previsti dalla procedura adottiva in Albania.

Emanuel è un bambino fantastico che ha fatto bene a tutta la famiglia – dice Elena – Eravamo all’inizio preoccupati per Nicolò… ci aspettavamo rifiuto e gelosie e invece è stata una scoperta: ha vissuto con noi il percorso, è venuto sempre con noi in Albania. Ed è stato felicissimo di questo fratello: oggi hanno un’intesa e una complicità incredibile, sembra siano fratelli da sempre

Per Emanuel è stato positivo entrare in una famiglia in cui era già presente un bambino: per imitazione “ha imparato velocemente tutto, italiano compreso, e ha seguito le regole; per contro Nicolò ha trovato in Emanuel un alleato, anche per le marachelle!

Durante il primo viaggio in Albania, in giugno, si creò subito un primo legame tra Emanuel e la famiglia tanto che “arrivati a settembre per il secondo viaggio, il bambino ci accolse impaurito e con un pianto disperato”, ricorda Patrick.

Il bambino aveva paura che quei genitori e quel fratello che trascorrevano del tempo con lui poi non tornassero più.

Mesi dopo, in Italia, era lo stesso Emanuel che ricordava, mimando, quella sua paura: “’Per farci capire quanto, durante questi nostri viaggi, temesse un altro abbandono, ripeteva la scena dei nostri saluti: ‘ciao ciao Emanuel, aereo poi torniamo!’. Per noi era uno strazio ritornare a casa, ma ce l’abbiamo fatta”

Finalmente arrivò novembre e il momento di portare a casa il piccolo, per sempre. “Non ne voleva sapere, urlava come un matto, si buttava per terra e sembrava non voler venire via con noi – dicono mamma e papà – Eppure, giusto il tempo di salire sul taxi, ecco che Emanuel cambiò faccia: andammo a pranzo in un ristorante e tutto sembrava passato. In aereo fu felicissimo di salire insieme a noi, e così iniziò la nostra avventura”.

Ancora oggi mamma papà e Nicolò si meravigliano di come questo bambino abbia accolto tutta la famiglia insieme : “Non si può essere sempre in quattro a fare qualsiasi cosa eppure… Emanuel vuole sempre che ci si muova in blocco

Non a caso proprio abolire lo strazio dei viaggi multipli è  una delle proposte della campagna #adozioneunacosameravigliosa che Ai.Bi. lancerà prossimamente: una vera e propria iniziativa culturale e politica per eliminare quello che, in primis, per i bambini è un’attesa “infinita” che li costringe continuamente a fare i conti con la paura di un secondo abbandono.