Cina. Francesca e Luca “Siamo due ‘alieni’ privilegiati da un destino che ci ha reso famiglia”

bambino cineseFrancesca e Luca di Milano sono i protagonisti odierni di #iosonoundono. Hanno adottato Lin in Cina nell’estate del 2014, durante un viaggio compiuto con altre dieci famiglie partite da ogni parte d’Italia. Un’adozione felice, con gli alti e bassi tipici di ogni percorso. Un’esperienza meravigliosa che ha cambiato per sempre la vita di un bambino e di una coppia diventati famiglia. Questo il loro racconto in prima persona.

Che fossimo destinati a un “alieno” era a noi noto già mesi prima di aver incontrato Lin a Xi’An, nel giugno di due anni fa. Un filmato di pochi minuti, girato con il telefonino da un altro papà adottivo, ritraeva nostro figlio mentre curioso apriva uno zainetto che gli avevamo mandato, per cominciare a preannunciare il nostro arrivo. Il bambino sorrideva alla referente Ai.Bi. che gli spiegava il contenuto dello zainetto, sormontato da un pupazzo a forma di scimmia: un libro illustrato e un album da colorare e pennarelli, un piccolo album con le nostre foto, alcune macchinine. Lin osservava curioso, insieme ad alcuni amichetti dell’istituto. A un certo punto lo vediamo prendere in mano tutte le macchinine: ne tiene una per sé e regala le altre ai bambini intorno. Tutti spiazzati, perfino gli amichetti che avevano intuito prima di lui l’imminente arrivo di una famiglia per Lin.

Il piccolo “alieno”  ha proseguito così, da allora, meravigliandoci ogni volta: al primo incontro è arrivato con il sorriso e la voglia di giocare; la sera in albergo ha dormito sereno fino al mattino dopo; durante la permanenza in Cina si è goduto con noi la “vacanza” – così ancora la chiama.

Dunque l’adozione è stata indolore? Niente affatto: è costata – e costa ancora – una fatica immensa per un bambino di cinque anni e mezzo che “sto bene con voi ma credevo restassimo in Cina”; che ha dovuto distruggere tutti gli schemi, i riferimenti, i pochi affetti che si era costruito fino a quel momento, i sapori dei suoi menù sempre uguali, le routine di 2100 giornate senza genitori in istituto e poi in casa famiglia, identiche, ma così rassicuranti. Noi, a quel punto, eravamo i suoi alieni.

Oggi a 7 anni e mezzo, Lin ha fatto passi da gigante. Si è anche fermato, è tornato indietro, ha avuto momenti di nostalgia e grande spaesamento, anche quando non lo immaginavamo. È rimasto attaccato al cinese per circa un anno dall’arrivo in Italia durante il quale in casa parlavamo un italocinese molto pittoresco: del resto la lingua è madre e occorre tempo per il distacco. Durante il primo anno di scuola elementare ha cominciato ad aprirsi al mondo: agli amici, pochi e fidati, alle esperienze, alle delusioni e agli affetti.

Così, solo dopo aver accolto nell’anima sia mamma che papà – processo tutt’altro che scontato – Lin ha iniziato a entrare anche nella profondità e nella complessità della lingua italiana. A suo modo anch’essa aliena.

In questi due anni, se ci guardiamo allo specchio vediamo persone cambiate. Due alieni sorridenti, che devono la loro immensa gioia a una tragedia altrettanto immensa – l’abbandono di un bambino in una megalopoli cinese 7 anni e mezzo fa -, privilegiati da un destino che li ha resi famiglia.