Cina. Rinascere giorno dopo giorno: “Proprio quando non te l’aspetti, si alza in piedi da solo e… cammina!”

IncontroDomenica 27 settembre, primo giorno a Pechino per le 8 coppie italiane che Amici dei Bambini ha accompagnato in Cina per l’incontro più bello della loro vita: quello con i loro figli adottivi. Da una settimana sono finalmente tutti insieme. Hanno lasciato Xi’An e iniziano la loro permanenza nella capitale, dove resteranno fino al 10 ottobre, il giorno in cui si imbarcheranno alla volta dell’Italia. La domenica è un giorno di riposo. Ma non per questo meno impegnativo per i neogenitori ai quali, in ogni momento, i loro figli possono inviare segnali di amore pieni di significato. Anche attraverso piccoli gesti. Ecco che cosa è accaduto, per esempio, a Lorenzo e Chiara con il loro Shan.

 

Oggi è stato il primo pranzo domenicale per noi cinque. Meraviglioso. Ma come sempre le cose meravigliose si mostrano tali solo verso la fine quando ormai si era persa la speranza. Ma ve lo racconto con calma, partendo da lontano, perché la cosa merita davvero.

La mattinata l’abbiamo trascorsa all’insegna dello shopping in una sorta di corso Vittorio Emanuele formato XXXL. È scoccata l’ora del primo paio di scarpe per il nostro piccolo Shan.

Le scarpe in casa nostra sono un affare di Stato. Una questione importante. Tanto che necessitano sempre della supervisione di un ente terzo, un’autorità super partes. Il primo paio poi assume un valore ancora più grande, come se dalla sua bontà dipendesse il futuro del povero bambino per cui sono acquistate. “E’ proprio necessario acquistarle oggi – provo a chiedere a Chiara -? Con la mamma (mia suocera è l’autorità super partes di cui sopra) a migliaia di chilometri di distanza? Con il dubbio sulla qualità oltre che sulla comodità e funzionalità?” Sì, perché la funzione principale del primo paio di scarpe è quello di permettere a chi lo indossa di muovere i suoi primi passi in sicurezza, scioltezza, comodità, stabilità. Quindi: no scarpe con suola gommosa flessibile, sì scarpe con suola rigida. No scarpe che luccicano, sì scarpe magari un po’ più grandicelle che così durano anche una stagione intera.

Il problema, però, è che Shan pesa solo 6,8 chili. Per un bambino così piccolo, scarpe con questi requisiti non si trovano. È come avere il piede di Cenerentola. Dove trovi la scarpa giusta? Devi farla fare di cristallo! E infatti, quella per Shan è costata come se fosse stata di un materiale prezioso: l’unico paio in tutta Pechino, probabilmente. Ora non vediamo l’ora di provarglielo, così potrà finalmente imparare a camminare su solide, confortevoli, sicure (e costose) basi.

Tutta questa lunga premessa per dire che, passato mezzogiorno da un po’, arriviamo all’ora di pranzo. La scelta cade su un fast food come tanti. Finito di mangiare e di sparecchiare, rimaniamo noi: 4 occidentali e un piccolo orientale, intorno al tavolo. La bottiglietta che avevamo acquistata non era vuota, così nostro figlio Pietro non l’ha buttata.

Era troppo presto per andarsene e troppo caldo per tornare fuori. Così decidiamo di fermarci ancora un po’. Non so come e perché, ci mettiamo a giocare con la bottiglia. E un (mediocre) pasto domenicale si trasforma all’improvviso in uno dei migliori pranzi mai fatti. Si scatenano grasse risate attorno a quel piccolo tavolino. Shan decide di deliziarci con un sacco di risate. Una felicità immensa,. A turno ripetevamo quei piccoli e insignificanti movimenti che provocavano l’ilarità di Shan e la nostra immensa gioia. Troppa era la felicità di vederlo così sereno e spensierato, a ridere per una bottiglia che rotola, sparisce e ricompare.

Un pranzo così bello, oggi, non l’avremmo mai fatto neppure nel migliore ristorante italiano.

Ma non è finita. Torniamo in albergo e andiamo nella sala giochi. Deserta. Intimità familiare al cento per cento. Mentre gli “esperti” Pietro ed Emma si fanno un bagno nella vasca piena di palline, io e Chiara decidiamo di sederci con l’ometto e le sue risate. Appena ci distraiamo un attimo per richiamare i due nuotatori che facevano schizzare palline dappertutto, l’ometto decide di alzarsi in piedi da solo e di traballare 7 o 8 passi, giusto per dirci: “Sono capace di camminare! Che cosa credete!?!”. E tutto questo perché? Per andare abbracciare la sua mamma!

 

(6/continua…)