Come nasce una storia di adozione? Il racconto di due genitori

“Tutti l’hanno accolta. E lei ha accolto tutti. A partire da noi”

Come nasce una storia di adozione? Qual’è il sentimento e la motivazione che spinge una coppia di aspiranti genitori ad incamminarsi su un percorso che oggi, lo sappiamo, è molto difficile, pieno di ostacoli (economici, burocratici e anche, perché no, politici)? A raccontarcelo è una coppia che ha completato la propria adozione in Cina con Ai.Bi. – Amici dei Bambini, di cui pubblichiamo volentieri, di seguito, l’esperienza.

Come nasce una storia di adozione? Il racconto di due genitori

La nostra storia nasce, come tante altre storie, dal dolore che ha portato poi alla paura di non poter mai realizzare i nostri sogni di genitore. In realtà, questa storia nasce un pò prima perché, almeno per uno di noi due (la lei della coppia, ovviamente) l’adozione è sempre stata più che un percorso da intraprendere.

L’adozione era un sentimento, nato da una sensibilità data dal guardarsi intorno con occhi un pò diversi. Perciò, quando sono iniziate le difficoltà fatte, come detto prima, di dolore e di paure (aborti, consapevolezza di non poter avere figli) è emerso il sentimento descritto prima, ed abbiamo intrapreso il “cammino”.

Non vogliamo negarlo. Rispetto al percorso di molte altre coppie, che nel frattempo abbiamo conosciuto, il nostro “cammino” ci ha posto davanti persone che hanno interpretato il nostro desiderio con il fine di accompagnarci. Queste persone (operatori dei servizi sociali, collaboratori dell’ente al quale abbiamo dato mandato) sono state capaci di metterci davanti a noi stessi, anche come coppia, per prendere coscienza delle nostre risorse, che non conoscevamo, appunto per diventare “accoglienti”. Per “accogliere”.

Ora sappiamo che non è così scontato. Questo percorso fatto di tanti incontri, sguardi interiori, confronti a volte anche abbastanza duri, ci ha però portato verso qualcosa che per noi, ora, è necessario, diremmo vitale, per diventare genitori adottivi. Ha ottenuto un cambiamento. Il cambiamento che porta dal considerare, naturalmente, le proprie motivazioni (e soltanto quelle), all’accogliere e far proprie anche le motivazioni e i bisogni di qualcun’altro. Di tuo figlio.

Siamo sempre stati accompagnati, mai giudicati. E passo dopo passo siamo finalmente arrivati ad un traguardo (o così credevamo). Il percorso fatto con Ai.Bi. – Amici dei Bambini, ci ha portato verso un paese lontano, la Colombia, dove
siamo atterrati pieni di speranza, di gioia, ma anche di ansia (quella non passa mai, non illudiamoci), e un pò di paura (anche quella non passa mai).

Ce la faremo? Saremo buoni genitori? Come ci accoglierà? Tutta la fatica, il percorso fatto, si “scontra” poi, arrivato il momento, con “l’incontro”. Ma tutte le emozioni sono “vivere”, e vanno perciò vissute fino in fondo anche se poi, come è successo nel nostro caso, portano, o meglio, non portano a quello che abbiamo sempre sperato e per il quale ci siamo tanto impegnati. Le adozioni possono anche fallire. Per descrivere le motivazioni del fallimento non basterebbe un libro e non possono essere descritte brevemente in poche righe.

E’ possibile descrivere o definire un’adozione? E’ un incontro tra due bisogni, e uno dei due bisogni ha anche un diritto. Quello di essere figlio. Ma tra prove di fiducia, di conoscenza ed il tentativo di diventare famiglia, devono esserci anche due volontà.
Possiamo dire che una delle due volontà non c’era. Perché? I motivi sono stati tanti e nessuno imputabile a lui (era un lui). Abbiamo dato per scontato che fosse impossibile che un bambino non volesse essere adottato. Ma alla fine non voleva essere adottato. Come si fa ad essere sicuri che scegliere di interrompere il percorso adottivo sia la scelta migliore, soprattutto per lui?

Non è possibile. Bisogna essere aiutati. Da soli non si riesce. E, quindi, di nuovo riflessioni, incontri, richieste di aiuto (ascoltate ed avute), emozioni, tentativi e chi più ne ha più ne metta. E per di più in un paese non tuo. Dopo due mesi la decisione, ed il ritorno a casa, abbracciati non per la gioia, ma per sostenersi a vicenda con una fatica addosso (anche fisica) che piega. Una cosa abbiamo imparato da questa esperienza. Abbiamo bisogno l’uno dell’altro, e nel bisogno uno deve esserci per l’altro.

Diversamente è impossibile. E crediamo che valga per qualsiasi esperienza vissuta. Cosa si prova tornando a casa? Innanzitutto, abbiamo dovuto curarci e guarire. Aiutati ovviamente. E poi è rimasto, o meglio ritornato, quel sentimento che mantiene lo sguardo su chi ha diritto ad avere un papà ed una mamma, e che ci fa essere una speranza per loro. Nonostante tutto quello che era successo. Siamo ripartiti subito e la nostra nuova meta è stata la Cina. Anche in questo caso abbiamo incontrato la sensibilità e l’aiuto delle persone che hanno continuato ad accompagnarci e che hanno ancora una volta mostrato che, per loro, questo non è soltanto
un lavoro.

Questa è, a dire il vero, la sensazione che abbiamo sempre avuto nel confrontarci con le persone dei servizi sociali e di Ai.Bi. La parola che può esprimere questa sensazione è “cura”. Hanno avuto cura di noi. Per noi? Si, forse, ma soprattutto per loro, i bambini. E quindi, la Cina. Di nuovo burocrazia, documenti, uffici. Ma dopo pochissimo, è arrivata una nuova telefonata.

E abbiamo conosciuto lei. Piccolissima, con molti problemi fisici. E di nuovo incontri per capire come accoglierla soprattutto dal punto di vista medico. E di nuovo persone che hanno avuto, ed hanno tuttora (i medici ed il personale
infermieristico) cura di lei.

Siamo partiti per il nuovo viaggio, ed arrivati in Cina c’era lei, piccola, diffidentissima, soprattutto verso il papà che, al primo incontro se fosse stato un elefante verde, sarebbe stato lo stesso, visto che lei aveva vissuto sempre con le tate (e cos’era un maschio?). Però, come per la prima volta, è stato amore. E impegno, e tentativi, ma questa volta con piccoli passi avanti, ed indietro ed avanti, ma sempre in meglio, con l’amore che aumentava, il suo sguardo che diventava sempre più dolce e sempre più verso di noi, a fidarsi ed affidarsi. A vicenda.

Siamo tornati insieme a casa, ma tra i tanti, un ricordo vogliamo lasciarlo in questo racconto. La visita all’istituto dove la bambina ha vissuto. Molte volte avevamo visto bambini in istituto, ma quella volta un pensiero è passato come un fulmine nella mente ed è arrivato al cuore. Lì poco tempo prima c’era nostra figlia. Questo pensiero cambia tutto. Quei bambini non li vedi più con gli occhi. Li vedi con il cuore. Nel frattempo abbiamo iniziato un nuovo percorso di adozione. Vediamo dove ci porterà. Ora la piccola è cresciuta, e ci sta regalando una cosa che tutti i genitori vorrebbero. Il suo essere figlia. Con tutto quello che comporta. Ora sta “facendo” nostra figlia, lo è diventata e lo sta facendo. E si sta facendo voler bene da chiunque. Tutti l’hanno accolta meravigliosamente. E lei accoglie tutti meravigliosamente.I primi ad esserlo, accolti, siamo stati noi