Congo, un reportage fa luce sul dramma dei bambini stregone

Migliaia di bambini di Kinshasa maltrattati e abbandonati dalle famiglie perché accusati di stregoneria. Di questo parla l’articolo premiato dalla giuria del Premio Giornalistico Mario Lucchetta, presieduta dal direttore del TgR Rai, Angela Buttiglione. Il reportage è di Stefano Liberti e s’intitola “L’inferno degli Sheguè”, ed è stato riportato integralmente sulla newsletter del MInistero degli Affari Esteri.

Di seguito ne riportiamo un estratto.

Sono bambini soli, cresciuti troppo in fretta, hanno gli occhi dilatati dalla colla e stracci rimediati chissà dove. Si aggirano per la capitale della Repubblica Democratica del Congo, Kinshasa, e hanno trovato nella strada la loro famiglia. In questa megalopoli sovraffollata e scossa da cronici e improvvisi black-out, sono almeno 30mila i bambini che si aggirano come un esercito tra la folla e lungo le vie della città. Li si incontra ovunque: alle stazioni degli autobus, nei mercati, ai bordi delle strade. Si muovono in bande, con relative gerarchie e ruoli definiti. Chiedono l’elemosina o s’improvvisano lustrascarpe e la sera, dopo aver battuto i mercati in cerca di fortuna, si accasciano sotto qualche riparo di fortuna.

Ecco l’esercito degli Sheguè. Non sono orfani di guerra o baby soldati finiti per strada dopo esser stati smobilitati. Sono creature cacciate dalle proprie famiglie perché ritenuti essere stregoni e aver trascinato il malocchio sotto il tetto domestico. Secondo l’organizzazione Human Right Watch (HRW), almeno il 70 per cento dei minori non accompagnati di Kinshasa è finito per strada dopo avere subito questa accusa.

Eppure di questo fenomeno se ne parla solo dall’inizio degli anni 90, prima non esisteva affatto. <<Tutto è cominciato con la crisi economica e lo sviluppo delle sette evangeliche. Sono loro ad avere diffuso questa piaga. Ormai la gente è impazzita: accusa di stregoneria gli handicappati, gli epilettici, i figli più timidi o quelli più vivaci>>, racconta Richard Voka, presidente del centro Simba-ngai (“Sostienimi” in italiano) che segue un centinaio di questi bambini recuperati dalla strada.

Le sette pentecostali, in Congo così come in tutta l’Africa sub-sahariana di religione cristiana, sono spuntate come funghi negli ultimi decenni e hanno portato a una recrudescenza delle credenze nella stregoneria. Le città si sono trasformate in universo di paranoia generalizzata, in cui molti finiscono per credere che il male si annidi dietro lo sguardo di un proprio figlio.

Il meccanismo è sempre lo stesso: l’adulto che si trova in difficoltà economica e non riesce a sfamare la famiglia, si getta nelle mani di uno dei sedicenti predicatori che infiammano le strade delle città con i loro sermoni. Questi, normalmente, gli dice che tutte le sue disgrazie sono provocate da qualche baby stregone che si nasconde in casa. Il bambino viene così stigmatizzato e cacciato, finendo ad ingrossare le bande degli Sheguè.

Il lavoro delle organizzazioni che si occupano di assistenza e reinserimento di questi bambini risulta, purtroppo, poco più di una goccia nell’oceano. <<Non sempre è facile. Noi miriamo a reinserire i più piccoli, quelli che non sono ancora stati completamente traviati dalla vita di strada>>, sottolinea Voka, che aggiunge: <<il problema è che alcuni di loro sono ormai irrecuperabili. Lo stato è assente e noi abbiamo pochi mezzi per aiutare questi bambini>>. Voka e la sua associazione battono le strade cercando chi ancora può essere salvato, offre cibo, parla con loro e alla fine gli lascia l’indirizzo del suo centro. Qui potranno imparare a fare qualcosa, soprattutto grazie ai tre laboratori di falegnameria, per poter un giorno mettersi in proprio e riacquistare una dignità.