Da oggi i carabinieri controlleranno l’adozione internazionale: finirà, finalmente, la piaga dei pagamenti in contanti e in nero?

soldi-mazzettaDa oggi a vigilare sulle adozioni internazionali saranno i Carabinieri, non la CAI. O meglio non solo. In nome della “trasparenza”, infatti, la Commissione Adozioni internazionali chiama al suo fianco l’Arma e firma, sabato 20 giugno, un accordo per la tutela “del minore e del rispetto dei diritti fondamentali che gli sono riconosciuti dal diritto internazionale”. A firmare il protocollo d’intesa, la Presidente-Vicepresidente della CAI, Silvia Della Monica, e il Comandante Generale dell’Arma, Tullio Del Sette.

Una notizia che però stupisce e lascia alquanto perplessi. Famiglie ed associazioni.

Perché se da un lato l’accordo può essere visto come uno strumento per contrastare i pagamenti in contanti e in nero, gli obblighi di trasparenza non rispettati e la “pressione finanziaria”, in molti casi illecita; di sicuro da solo però non basta a ridare linfa alle adozioni internazionali. Sarebbe stato, infatti, molto interessante leggere, piuttosto, di qualche accordo firmato con i Paesi di origine soprattutto alla luce del fatto che da quando questa CAI si è insediata (circa un anno e mezza fa) si è riunita una sola volta (nel giugno 2014), incontrato le delegazioni straniere solo un paio di volte (senza darne tempestiva comunicazione agli enti autorizzati) e soprattutto gli ultimi accordi bilaterali con i Paesi stranieri risalgono al 25 luglio 2014 (con il Burundi) e al 17 settembre 2014 con la Cambogia e nessuno dei due è ancora operativo 

Insomma un lungo silenzio “comunicativo” (con le famiglie, gli enti e le associazioni) e operativo che la CAI dopo 18 mesi “finalmente” interrompe per… annunciare un accordo con l’Arma dei Carabinieri.

Una comunicazione che lascia, quindi, un po’ l’amaro in bocca e che non tarda a  provocare diverse reazioni di stupore e meraviglia. Come quella dell’Ufai (Unione famiglie adottive italiane) che dichiara: Ma la CAI ha bisogno dei Carabinieri per controllare gli Enti adesso? – si  legge in una nota –Spiegateci meglio, quali funzioni di vigilanza e monitoraggio svolge la Commissione, nei confronti degli enti autorizzati ad operare nel campo delle adozioni internazionali, da richiedere l’operato dell’Arma?”.

Insomma questo sembra essere sempre più la prova di una CAI allo sbando, paralizzata nel suo lavoro e sempre più distante dalle famiglie. “Ma i rappresentanti delle famiglie, delle associazioni ed enti – continua l’Ufai – , che siedono in CAI, non dicono nulla su questa strana operazione?”

Inoltre, senza nulla togliere al valore del protocollo d’intesa con l’Arma dei Carabinieri la cui unica nota positiva sarà che in questo modo si potrà porre la parola fine al mercato nero dei contanti all’estero, sorge però una domanda.  Ma questo accordo avrà un doppia valenza? Potrà essere adoperato anche nei confronti della CAI? O meglio qualche ente potrà rivolgersi all’Arma per costringere la CAI a rispondere alle istanze che da mesi attendono risposta? Insomma si potrà seguire la strada della trasparenza in “entrambe le direzioni”, nei confronti della stessa CAI?

In sintesi ecco cosa prevede il protocollo d’intesa: l’accordo ha una durata iniziale di due anni e “consentirà di mettere a sistema le capacità operative e informative proprie dei reparti territoriali dell’Arma”: con la loro presenza ramificata sul territorio nazionale, i Carabinieri “assicureranno un fattivo contributo nelle funzioni di vigilanza e monitoraggio svolte dalla Commissione nei confronti degli enti autorizzati ad operare nel campo delle adozioni internazionali”. Ovvero, finalmente, si potrà fare chiarezza tra chi si comporta correttamente e rispettando le leggi italiane e dei Paesi esteri e chi, invece, lucra illecitamente sfruttando a proprio vantaggio il sogno degli aspiranti genitori adottivi: abbracciare il proprio figlio. Un modus operandi sempre criticato da Ai.Bi. per arginare il quale è stata sempre invocata la tracciabilità dei flussi finanziari e dei pagamenti.

Insomma la legalità in primis: che sia anche il primo passo per dare il via finalmente alle verifiche così come previste dal regolamento della CAI? Ovvero ogni due anni ogni ente autorizzato deve essere verificato indipendentemente da eventuali segnalazioni di irregolarità. Ovvio che, se queste segnalazioni più o meno gravi arrivassero, dovrebbero essere avviate anche verifiche straordinarie.

Sarebbe interessante, e soprattutto molto più trasparente, che la CAI desse conto periodicamente delle attività di verifica svolte, visto che costituiscono uno dei suoi compiti fondamentali, e indicasse su quali ambiti si è concentrata e intende concentrarsi in futuro. Si tratta di un compito che la legge le assegna e, come cittadini e contribuenti, abbiamo tutti il diritto di sapere quanto è stato fatto e che cosa si intende fare.