Adozione. “Eravamo abbinati alla Cina, ma scoppiò il Covid. Poi venne lui: Emanuel”

Oggi abbiamo in casa un bimbo iperattivo, ma quando lo abbiamo conosciuto quasi non camminava”. La storia belissima dell’adozione di Emanuel: un bambino special needs, affetto da emofilia, che ha trovato l’accoglienza di due genitori altrettanto speciali

All’inizio era tutto un batticuore, qualche sudore freddo, pensieri che attraversavano mente e animo. E poi con responsabilità, buon senso e dosi abbondanti di amore, Giusy e Mirko hanno educato se stessi e il loro piccolo a fidarsi della vita.
La storia di Emo – all’anagrafe Emanuel ma tutti lo hanno sempre chiamato così in Bulgaria – è una di quelle che ad ascoltarle fa riflettere e riporta su un piano diverso tutte le aspettative che i genitori hanno rispetto ai propri figli. Per scoprire che poi la risposta è semplicissima e davanti agli occhi.
Il bisogno speciale di Emo ha richiesto – inutile negarlo- la ricerca di una coppia molto speciale cioè due genitori disponibili a mettersi in gioco totalmente, oltre le risorse previste da manuale.
E sollecita domande: come ci si pone in relazione con la salute e la malattia, la tenuta psicologica di una coppia e di una famiglia di fronte all’emofilia?
Sulla carta, di fronte a una scheda di questo tipo in fase dí abbinamento, più di una coppia avrebbe detto no. E invece Giusy e Marco hanno accolto con gioia la storia e la vita di quel bambino solo in apparenza fragile.

Un’accoglienza che non si ferma e “va oltre”

“All’inizio eravamo stati abbinati alla Cina ma dopo poco scoppiò la pandemia Covid – dice la coppia toscana -. Due anni di attese, senza speranze di riaperture delle adozioni internazionali, quindi abbiamo virato sulla Bulgaria. All’inizio abbiamo provato molta delusione e amarezza; poi la speranza e la volontà di farcela ha avuto la meglio”.Ed è stata ricompensata: Giusy e Mirko non hanno chiuso la porta e hanno tentato anche questa strada verso Est che, rispetto alla Cina, prevedeva diverse procedure e due viaggi, uno in più rispetto al paese del Dragone.
La storia di Emanuel è stata densa di avvenimenti, malgrado la sua tenera età. Dopo l’abbandono e tentativi andati a vuoto di adozione nazionale in Bulgaria, il bambino a 11 mesi è stato accolto da una mamma affidataria con cui ha vissuto per un anno; poi l’inserimento nel circuito internazionale e l’abbinamento con Giusy e Mirko.
“Oggi abbiamo in casa un bimbo iperattivo, ma quando lo abbiamo conosciuto quasi non camminava ed era timoroso, sempre in stato di allerta. Addirittura dormiva a occhi aperti, non scherzo! – aggiunge Giusy – . All’inizio non riusciva a dormire sereno, aveva sempre timore che mi allontanassi”.
L’abbinamento con Emo risale a febbraio dello scorso 2023, come raccontano mamma e papà, inizialmente accompagnati nell’iter dalla sede AiBi di Firenze e poi da quella di Melegnano. “Siamo partiti a maggio e rimasti in Bulgaria circa una settimana. Il tutto si è poi risolto con il secondo viaggio ad agosto”.
Prima della partenza verso la Bulgaria, in una cittadina a 150 km da Sofia, mamma, papà e Emo si erano conosciuti in videocall, appuntamenti replicati anche nei mesi di attesa tra il primo e secondo viaggio a esito delle sentenza di adozione.
“Quando ci ha rivisto ci ha riconosciuti subito – ricordano – e ci è venuto incontro. Abbiamo gradualmente trascorso del tempo con lui ed è riuscito a dormire con noi anche se ogni tanto si svegliava perché non ricordava più dove fosse, non ritrovava i luoghi a lui familiari. Ma veniva ad abbracciarci e si tranquillizzava. Oggi è decisamente ben ambientato nei suoi spazi: ama la sua cameretta anche se spesso viene nel lettone, soprattutto dopo visite mediche o cure in ospedale”.
L’emofilia è certamente una malattia del sangue “impegnativa ma gestibile”, precisa papà Mirko, e certamente immaginiamo che all’inizio fosse fonte di preoccupazioni. “Conoscendo meglio la patologia, abbiamo seguito le indicazioni degli specialisti che prevedono una particolare profilassi con un farmaco che va preso regolarmente e dietro controllo costante. Di fronte a questa patologia – conclude – abbiamo deciso di voler capire, trovare soluzioni, agire con lucidità”.
Una capacità che non è da tutti per quanto con la crescita la situazione sanitaria può mostrare miglioramenti progressivi.
Nella vita quotidiana, e soprattutto avendo a che fare con un bambino che gioca, corre, salta, l’attenzione va riposta sulle cadute o colpi che Emo può prendere anche inavvertitamente.”Emo può fare una vita normalissima, può praticare sport, anche il calcio ad esempio – dice la mamma: vi sono dei rischi (emorragie o trombi, ndr) ma ormai abbiamo capito come certe conseguenze o pericoli possono generarsi. Anche lo scorso Capodanno abbiamo avuto un episodio, siamo andati al pronto soccorso dove Emo è stato messo sotto osservazione e gli è stato somministrato un altro farmaco che blocca le possibilità di generare un trombo. È certamente qualcosa che impegna tutti dal punto di vista emotivo, ma vediamo giorno dopo giorno che ci stiamo già abituando, riusciamo a capire quando è il caso di andare al pronto soccorso e quando invece è sufficiente una osservazione attenta delle reazioni di nostro figlio”.

Una… vita davanti a sé

Abituato a visite mediche e controlli periodici, Emo è stato educato fin da piccolissimo a esprimere il malessere a modo suo, tanto che anche oggi ogni volta che cade dice: dottore!
“È piccolo nei capricci, ma quando si fa un discorso serio o siamo per esempio in ospedale sembra essere di fronte a un adulto. Dal medico si fa fare di tutto”, raccontano i genitori.
“Il bambino è arrivato da noi sicuramente terrorizzato sotto questo aspetto: al minimo colpo gridava ‘bua! bua!’ e sapeva che doveva sempre proteggere la testa. Ora che si è abituato a noi, alla famiglia, è visibilmente più tranquillo”.
E poi arriva questa foto, a completare la breve intervista a Giusy e Mirko. E cosa vediamo?
Una coppia di genitori, una mamma che guarda con amore Emo bevendo assieme un succo di frutta, un papà che abbraccia e protegge suo figlio, un bimbo che in uno sguardo ha capito come finalmente possa fidarsi della vita davanti a sé.