Emergenza Ucraina. L’accoglienza diffusa: “Così abbiamo accolto la “nostra” famiglia ucraina”

La notte prima dell’appuntamento per andare a prenderle non ho chiuso occhio… ho poi saputo che anche Mariya aveva passato la notte insonne, perché non sapeva a casa di chi lei e la figlia sarebbero andate

A primavera del 2022 abbiamo dato, con gioia e dopo averci riflettuto insieme, la nostra disponibilità per il progetto “Accoglienza diffusa”.
Conosciamo Marzia e Margherita, di Ai.Bi., da anni. Per noi, quella di accogliere in casa persone sconosciute, era un’esperienza del tutto nuova, ma fidandoci di Ai.Bi. e del buon Dio ci siamo aperti all’accoglienza di una mamma col suo bambino.
Qualcuno ci ha dato dei matti, o quanto meno di imprudenti, qualcun altro ha mostrato ammirazione. In ogni caso avevamo preso questa strada. La cosa importante – ci siamo detti tante volte – era l’unità tra noi e la convinzione comune: nessuno di noi tre avrebbe dovuto subire questa scelta; poi avremmo valutato momento per momento l’andamento della nuova situazione.

Il momento della conoscenza…

Il tempo è passato e siamo arrivati a ottobre, quando Margherita (la referente di Ai.Bi. per la sede di Roma n.d.r.) ci ha detto che, in un albergo sul grande raccordo anulare, c’erano una mamma e sua figlia di 8 anni che potevano andare bene per noi, anche perché la signora parla italiano e così sarebbe stato più facile intenderci.
La notte prima dell’appuntamento per andare a prenderle non ho chiuso occhio, tenendo in gran parte sveglio anche mio marito. Mi sono venuti in mente tutti i rischi e i pericoli a cui potevamo andare incontro…

Con un grande sospiro e qualche preghiera affinché andasse tutto bene, il 13 ottobre insieme a Margherita siamo andati a prendere Mariya e Tetiana. Abbiamo poi saputo che anche Mariya aveva passato la notte insonne, perché non sapeva a casa di chi lei e la figlia sarebbero andate. Ovviamente è stata molto brava Margherita, che facendo da tramite ha rassicurato tutti.

E così siamo arrivati tra le pareti domestiche.

Giovanni è stato molto generoso: spontaneamente ha rinunciato alla sua stanza per andare in una più piccola. L’impressione reciproca è stata subito buona. C’era però da capire come regolare l’andamento della convivenza: esclusa la “casa-albergo”, come gestire l’orario dei pasti, la cucina, il bucato, per esempio? Come far convivere abitudini che probabilmente sarebbero state diverse?
Abbiamo cercato subito di mettere le nostre ospiti a loro agio, facendo in modo che non si sentissero intruse o di troppo. Poi, un po’ alla volta, abbiamo trovato un equilibrio stabile, almeno per ora. Non è stata una conquista immediata, e di aiuto è stata ancora Margherita …  Ogni tanto c’è bisogno di una “revisione”, ma è normale quando più persone vivono sotto lo stesso tetto. Del resto, l’accoglienza è reciproca ed è dentro questo esercizio quotidiano che si cresce in umanità.

Marina con Michele e Giovanni