Nell’Europa degli adulti l’utero in affitto ha la priorità sull’adozione. E i diritti dei bambini?

La presidente della Commissione UE Von Der Leyen apre al riconoscimento unico della genitorialità in tutta l’Unione

Nell’Europa degli adulti accade che, se le frontiere si aprono, è perché interessa agli adulti. Se l’interesse, invece, è quello dei bambini abbandonati, le frontiere possono tranquillamente chiudersi. Questo, del resto, è quanto recentemente accaduto per Paesi come Romania o Polonia, che hanno scelto di chiudere le frontiere per l’Adozione Internazionale mentre, nel caso di adulti interessati a ricorrere alla pratica dell’utero in affitto, le frontiere si aprono magicamente. La pratica della maternità surrogata, inoltre, ha ricevuto nuovo impulso a livello comunitario, con la recente dichiarazione della presidente della Commissione Europea, Ursula Von Der Leyen.

Europa, utero in affitto e bambini: quali diritti?

La quale, nella sua rubrica social denominata #Askthepresident, ha affermato che lavorerà alacremente sul “reciproco riconoscimento delle relazioni familiari nell’Unione Europea”, spiegando inoltre che “chi è genitore in un Paese deve poter esserlo in tutti i Paesi membri”. Sembrerebbe un’affermazione di buon senso, naturalmente. Se, chiaro, ci si dimenticasse che in alcuni stati dell’Unione Europea è consentito il vedersi riconosciuta la genitorialità di un bambino concepito anche all’estero con la pratica dell’utero in affitto. Pratica che, è bene ricordarlo, in Italia è considerata (per fortuna) illegale dalle normative vigenti. La legislazione italiana, del resto, ha ben capito la disumanità di una pratica, quella della cosiddetta GPA (Gestazione per altri), che è di fatto un vero mercato della carne umana, con donne in difficoltà economiche che vengono spinte a partorire un figlio “comprato” da altri dietro compenso.

Appare, perciò, francamente inquietante che la presidente della Commissione si esponga apertamente con una dichiarazione di questo tipo, che svilisce di fatto diverse concezioni legislative di stati sovrani, tra cui l’Italia, che alla base hanno motivazioni etiche e morali non negoziabili. A fronte di tutto questo, naturalmente, stupisce che nessuno, in seno alla potentissima Commissione UE, si sia posto il problema invece di quell'”adozione europea” che risolverebbe tanti problemi a quei bambini adottabili che, all’interno dei confini comunitari, troverebbero immensa gioia e una nuova vita qualora fosse possibile, per una famiglia desiderosa di accoglierli all’interno dell’Europa comunitaria, adottarli senza dover rimanere incastrati in rigide maglie burocratiche.