Fame di Mamma. La fiducia ritrovata nel prossimo. Il viaggio di Consuelo, tra inganni, bugie, paure e speranze

Con un ascolto paziente ed empatico, il personale educativo di Ai.Bi., grazie al progetto di Adozione a Distanza, “Fame di Mamma”, ha saputo comprendere e accompagnare una donna dell’Ecuador, arrivata in Italia con il figlio, verso l’autonomia. Leggi la sua storia

 Quanto segue non è una storia di semplice emigrazione, della fatica del viaggio e del supporto dato a una mamma e ai suo bambini per inserirsi lavorativamente e socialmente nel nostro bel Paese.
Ma è il racconto della difficoltà di comprendere e accompagnare, una storia complicata da capire e da accogliere a causa delle difficoltà culturali e umane della mamma nel fidarsi e nell’affidarsi a sconosciuti.

Consuelo ed Eduardo

Abbiamo conosciuto mamma Consuelo e il suo bambino Eduardo quando avevano rispettivamente: 21 anni e un anno e mezzo.
Qualche mese prima, in seguito a una lite con la sorella che li ospitava, Consuelo si era recata presso il servizio sociale per chiedere un sostegno economico.
Nell’attesa dell’aiuto aveva pellegrinato, insieme al figlio, tra diverse abitazioni di conoscenti e connazionali.

Crescere nelle comunità mamma-bambino

Eduardo è stato sin da subito in grado di adattarsi al contesto comunitario e alla presenza di 5 diverse operatrici che si sono occupate di lui e della sua mamma 24h su 24.
Si è presentato e fatto conoscere come un bimbo vivace, con dei grossi occhioni neri, un sorriso conquista tutti che evidenziava le sue belle fossette e una spiccata parlantina  che ha sviluppato grazie alla sua mamma.
Anche Consuelo ha cercato e trovato sempre nelle figure educative spazi di ascolto e confronto quotidiano sulla sua storia, ma ha necessitato di tempo e di empatia non giudicante per creare una relazione autentica e basata sulla fiducia che le permettesse di aprirsi. Nonostante la sua giovane età, la vita per Consuelo non è stata semplice.

Un passato segnato da violenze

Proveniente da una famiglia numerosa, in Ecuador, è stata vittime di violenze da persone sia esterne sia interne alla famiglia. Queste esperienze l’hanno profondamente segnata e abituata a difendersi dal suo dolore e dalle persone che potevano fargliene dell’altro, raccontandosi poco e offrendo versioni sempre diverse e fantasiose della propria vita.

La prima versione della sua storia

Inizialmente, affermava di essere arrivata in Italia già incinta del piccolo Eduardo, per dargli un futuro migliore.
Ha raccontato di aver conosciuto in Ecuador il papà di Eduardo. Marco, un ragazzo di circa trent’anni, era lì per un viaggio di piacere. I due si erano conosciuti in un bar e si erano subito innamorati.
Da questo forte sentimento è nato Eduardo e quando aveva avuto conferma della gravidanza aveva chiesto a Consuelo di raggiungerlo.
Marco però si sarebbe rivelato ben presto una persona inaffidabile e un papà assente e Consuelo si era rifugiata dalla sorella per trovare una collocazione più sicura e stabile per il suo bambino. Quando sono iniziati i problemi anche con quest’ultima, ha raccontato di essersi sentita crollare il mondo addosso e di aver chiesto aiuto ad amici e conoscenti prima di recarsi ai servizi sociali.

La verità comincia a emergere

Questo racconto iniziale però ha avuto diverse versioni durante i mesi di collocamento.
Consuelo ha raccontato anche di un contesto familiare stabile in Ecuador, quasi paradisiaco. Ha parlato dei suoi genitori come persone premurose e presenti, molto apprezzati nel loro paese e che hanno sempre stimolato e motivato a studiare tutti i suoi fratelli, di modo che poi potessero trovarsi un buon lavoro. Anche lei dice di aver studiato e di voler riprendere gli studi in Italia, per poter trovare un lavoro più remunerativo.

Costruire relazioni di fiducia

Con un ascolto paziente, garantendole momenti di attenzione esclusiva e sostenendola nei momenti di crisi che una giovane mamma sola può trovarsi a vivere, Consuelo ha iniziato a costruire una relazione di maggior fiducia con il personale educativo che le ha permesso di raccontarsi in maniera autentica.
Eduardo, in realtà, è figlio di un connazionale rimasto nel paese di origine.
Alla notizia della gravidanza, l’uomo le aveva chiesto di abortire.
Delusa, sola e spaventata dalla possibile reazione dei suoi genitori, era fuggita in Italia sperando di trovare supporto almeno nella sorella che viveva a Milano da più di 10 anni.

Il rapporto con la famiglia

In un’altra occasione, Consuelo ha raccontato di essere cresciuta con i nonni, perché ha sempre  avuto un pessimo rapporto con le donne della sua famiglia, in particolare con la madre, che aveva lasciato il padre e si era sempre disinteressata di lei e dei suoi fratelli.
Il padre, dopo l’abbandono della madre si era dato all’alcool, e scaricava la sua rabbia e la sua frustrazione sui figli. Consuelo ha raccontato di essere stata anche picchiata più volte.
Ha detto di aver perso il fratello gemello in un incidente stradale, ma, successivamente ha raccontato che si era trattato in realtà di un regolamento di conti tra bande locali.

In Italia

All’arrivo In Italia, la sorella le ha presentato Marco e l’ha costretta ad accettare che questi riconoscesse Eduardo come suo figlio, cosi come aveva riconosciuto anche il figlio della sorella e della cugina.
Marco si era prestato al riconoscimento del bambino in cambio di denaro.
Quando però la sorella era rimasta nuovamente incinta da una relazione con un ragazzo italiano, ha iniziato a litigare con Consuelo, arrivando a cacciarla di casa.
A quel punto, la donna si è rivolta ai servizi sociali, che pensano di accompagnarla a un rimpatrio assistito, e, nell’attesa, ha cercato un lavoro e una casa per se e il suo bambino.
Non riuscendo nel suo intento è arrivata a rubare degli abiti e dei generi alimentari in un supermercato, cosa che ha avviato la presa in carico del nucleo da parte delle autorità competenti.
In particolare il tribunale dei minori è intervenuto chiedendo un collocamento immediato della diade in comunità, avendo appreso anche che Marco, il padre di Eduardo, ha riconosciuto altri due differenti minori della stessa famiglia.
Non è stato facile per Consuelo, mettersi a nudo e raccontarci tutto questo. Spesso ha ritrattato i suoi racconti temendo che potessero metterla in cattiva luce con il tribunale e portarla a una separazione dalla sua unica ragione di vita: Eduardo.

Le maschere di Consuelo

Le educatrici hanno fatto appello a tutte le loro forze, risorse e capacità professionali e umane per trovare le parole giuste, che la rassicurassero e le permettessero di svestire le maschere che spesso indossava per difendersi dal giudizio
In diverse occasioni si è arrabbiata con la coordinatrice della casa che ospitava lei ed Eduardo, l’ha accusata di volerle portare via il bambino.
È arrivata a “provocare” sia la coordinatrice che tutto il personale anche sul piano personale. Sapendo che non avevano figli, ha insinuato che non potessero averne e perciò lavoravano con le mamme per separarle dai loro bambini.
Nei momenti di crisi e sconforto è arrivata ad urlare: “Non vi prenderete il mio Eduardo”… ”Ma cosa ne sapete voi di figli, voi che non ne avete”… “Non avete mai voluto aiutarmi… perché siete cattive e disumane”.
In questi momenti non è stato semplice per il personale mantenere la solita professionalità e la calma.
Per Consuelo, vedere la reazione differente delle operatrici, che non hanno mai raccolto le sue provocazioni, ma che autenticamente le hanno parlato del loro dispiacere per il dolore che vedevano nelle sue parole le ha permesso di iniziare a conoscersi veramente.
Queste esperienze quotidiane, le hanno permesso di raccontarsi e di piangere tutte le sue lacrime.
Il dolore che si portava dentro era grande, ed è stato importante che il personale educativo mantenesse la lucidità per riconoscerlo sempre, dichiarandolo e non negandolo.

Verso l’autonomia

Questa lucidità ha permesso all’equipe anche di comprendere quando era il momento per Consuelo di lasciare la casa di accoglienza e spostarsi in un’altra struttura per un lavoro sull’autonomia.
Consuelo pensava di non essere pronta e qualche volta ha anche detto all’educatrici che viveva il trasferimento come un nuovo abbandono, ma le capacità umane e professionali dell’equipe della Family House le ha permesso di nominare le sue paure, di portarle nel contesto giusto e di riuscire così a sentirsi in grado di accompagnare anche Eduardo al saluto di chi aveva fatto un pezzo di strada con loro, sicuri che anche da lontano, avrebbero sempre tifato per loro.

Un’Adozione a Distanza in Italia

Sostieni anche tu le attività che Ai.Bi. porta avanti in Italia, a sostegno delle strutture che ospitano: i minori in comunità familiari, i bambini con le loro madri nelle comunità mamma- bambino e negli alloggi per l’autonomia e gli adolescenti in necessità. Puoi farlo con un contributo di 10 euro al mese, aderendo al progetto di Adozione a Distanza “Fame di Mamma”. Scopri come fare QUI.
E ricorda: le Adozioni a Distanza di Ai.Bi. godono delle seguenti agevolazioni fiscali