Fame di Mamma. Il grande sogno di Khatu, la mamma-bambina che ha detto “no” all’aborto (1) 

Inizialmente Khatu voleva lasciare Emily alla nascita in ospedale, per permetterle di avere due genitori che l’amassero come la cosa più preziosa al mondo: ha provato a lasciarla in ospedale, ma la sera stessa è tornata e ha chiesto aiuto… Leggi la sua storia

Khatu è una giovanissima mamma che è stata accolta insieme alla sua bambina di pochi giorni, circa 3 anni fa, in una delle strutture di Ai.Bi. sostenute dal progetto Fame di Mamma.

L’arrivo in Italia

Khatu è arrivata in Italia 7 anni fa, quando aveva 13 anni compiuti per ricongiungersi al suo papà, e avere l’opportunità di studiare Architettura presso una nota università lombarda.
Quando era bambina, il papà l’aveva portata a passeggio tra i portici dello storico edificio e le aveva promesso che da grande, l’avrebbe fatta venire in Italia, per farle studiare design proprio nella capitale italiana di quest’arte. Era il loro sogno e Khatu si è aggrappata a quel sogno, durante tutti gli anni della sua fanciullezza. Il suo papà è emigrato in Italia quando lei aveva 4 anni, e aveva lasciato lei, la mamma e il fratellino neonato con i nonni in Sri Lanka. Questa scelta seppur sofferta, era per tutta la famiglia l’unica speranza per garantire un futuro migliore a Khatu e Joshua.
I nonni hanno aiutato Khatu e Joshua a sentirsi comunque al sicuro e protetti, aiutando la mamma a portarli a scuola o a gestirli quando lei andava a lavorare.

La possibilità di far studiare i propri figli

In Sri Lanka i paesaggi sono meravigliosi, la natura è rigogliosa, ma le possibilità di avere una bella e comoda casa, e di far studiare i propri bambini non è garantita a tutti, soprattutto se nasci in una famiglia povera. Khatu ha avuto una famiglia ricca in valori e amore, ma purtroppo molto povera economicamente, e perciò il papà era venuto a cercare un lavoro migliore in Italia. È sempre tornato a trovarli regolarmente, durante i nove anni di lontananza, e appena ha potuto ha fatto venire in Italia la figlia per permetterle di studiare.

Amare due culture

Khatu ha imparato ad amare due continenti tanto diversi quanto complementari. Dello Sri Lanka ha portato con se i colori, il rispetto per la natura e l’amore di mamma e nonni, e dell’Italia ha amato la possibilità di emanciparsi, di non vedersi precluse delle libertà o delle possibilità solo perché donna.
La possibilità di unire queste due culture l’abbiamo vista appena l’abbiamo conosciuta, aveva una lunga treccia color corvino incorniciata da un fermaglio con un fiore di frangipane giallo e dei jeans strappati e una camicia molto occidentale. Khatu ci aspettava nella clinica dove aveva messo al mondo la persona che amerà per sempre e che le ha sconvolto i programmi professionali e i legami familiari: Emily.
Emily è stata per Khatu una vera rivoluzione.

La prima storia d’amore

Khatu era arrivata in Italia per studiare, ma l’approccio con una cultura così includente le aveva fatto sperimentare ben presto una libertà che non aveva goduto in Sri Lanka. Frequentando l’università e una palestra si era creata amici maschi e femmine, e non solo connazionali con cui ha avuto modo di sperimentare una profonda amicizia, e con Karim anche la sua prima relazione amorosa.
Purtroppo Karim è indiano, e secondo la cultura familiare di Khatu è importante scegliere il compagno solo tra connazionali che condividono gli stessi valori culturali e religiosi.

Per questo motivo Khatu ha vissuto in segreto la sua relazione sentimentale, e anche quando ha scoperto di essere incinta non è riuscita ad aprirsi con la sua famiglia. Era troppo preoccupata di deludere il papà, e di procurargli un dolore talmente forte da pregiudicarne il benessere fisico. Inoltre il rapporto con Karim, ha iniziato a dare segni di cedimento alla notizia della gravidanza.

Una figlia di cui occuparsi

Karim si sentiva ancora troppo giovane per sposarsi e mettere su famiglia, e ha proposto a Khatu di interrompere la gravidanza. Khatu, non poteva neanche immaginare di interrompere una vita che già sentiva dentro di se, quel bambino l’avrebbe fatto nascere con o senza l’aiuto di Karim. Perciò ha nascosto finché ha potuto la pancia, e quando la cosa sarebbe stata troppo evidente ha chiesto aiuto ai servizi sociali. Gli ultimi due mesi di gravidanza li ha passati lontano dalla sua famiglia, in una casa rifugio, raccontando al papà di aver trovato lavoro come badante. Inizialmente Khatu  essendosi informata sulle possibilità offerte dalla legge del, “parto in anonimato”, voleva lasciare Emily alla nascita in ospedale, per permetterle di avere due genitori che l’amassero come la cosa più preziosa al mondo. Si raccontava che anche lei era troppo giovane per diventare mamma, e per sconvolgersi la vita e abbandonare il suo sogno di diventare architetto.
Alla nascita però, gli occhioni di Emily, le sue manine piccolissime e quella bocca disegnata l’hanno agganciata e legata a filo doppio da subito. Khatu ha provato a lasciarla in ospedale, ma la sera stessa è tornata e ha chiesto all’assistente sociale dell’ospedale di essere aiutata.
Quella bambina, la sua bambina non poteva essere abbandonata anche da lei. In quegli occhietti, vedeva se stessa e avrebbe accettato qualsiasi cosa.
Ma chi l’avrebbe aiutata?
(continua 1) 

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