Tra le famiglie sospese della Cina: “Nostro figlio in un limbo carico di ingiustizia” (1)

In questi 4 anni tra le famiglie “sospese” come noi c’è chi non ha retto, chi ha cambiato Paese… ed è comprensibile. Ma noi non ce la siamo sentita di dire no a questa adozione: sarebbe come abbandonare nostro figlio di nuovo

“Siamo partiti per la Cina nel 2015 – racconta mamma Cecilia – per adottare un bambino di pochi mesi iscritto nelle liste special needs a causa di un rischio sanitario poi rientrato, ovvero un meningocele operato alla nascita che non ha lasciato nessun segno o problema negli anni successivi. E pensare che proprio mentre stavamo adottando Angelo, mentre trascorrevamo i primi giorni insieme a Pechino, stava nascendo l’altro nostro figlio”.
Il secondo figlio, per cui Angelo ha voluto scegliere il nome Matteo, è ancora in Cina. Cecilia, Giovanni e Angelo non lo hanno ancora incontrato ma per loro è già figlio e fratello. Da quattro anni.

Il calvario delle famiglie in un’attesa che pare infinita

Cecilia e Giovanni sono una delle coppie per cui era già avvenuto l’abbinamento con il loro bambino, in Cina, e per cui la pandemia Covid ha interrotto il sogno di allargare la famiglia. La Cina ha infatti chiuso non solo le frontiere ma anche le adozioni internazionali e solo di recente ha riaperto il canale per portare a conclusione (quasi tutti) gli iter adottivi delle famiglie, europee e non, in possesso della cosiddetta ‘pergamena rossa’, una sorta di nulla osta che permette di partire per incontrare i propri figli.
Ma per le famiglie come quella di Cecilia e Giovanni, una trentina in Italia, con in mano la “pergamena verde” (quella che conferma solo un abbinamento con un bambino accettato dalla coppia) ancora non c’è stato nulla da fare. Per loro solo il tempo è trascorso, ma nulla è cambiato nelle loro scelte di essere genitori di figlie e figli in un limbo carico di ingiustizia.
Pur avendo già adottato, Cecilia e Giovanni avevano dovuto, come da prassi, ricominciare da capo l’iter per ottenere l’idoneità alle adozioni.
“La nostra prima adozione è filata liscia senza alcun problema – racconta Cecilia – perciò abbiamo fatto richiesta per la seconda appena possibile e di nuovo in Cina, dove ci siamo trovati molto bene sotto tutti i profili. Abbiamo dovuto attendere due anni per ricevere l’idoneità per ragioni interne al Tribunale per i minorenni di Venezia ma siamo stati pazienti. Sapevamo che, all’epoca, sarebbero stati necessari due o tre anni di attesa per l’abbinamento”.
E mentre la famiglia stava preparando i documenti richiesti dalla procedura per la Cina, ecco che viene pubblicato sul sito di Ai.Bi. l’appello per un bambino Special focus: “Avevamo risposto all’appello in un momento in cui le adozioni in Cina erano rallentate ma non impossibili. Abbiamo accettato subito, già pensavo per lui un anno di asilo in più, forse perché sono educatrice – racconta la mamma – ma anche perché immaginavo già la sua vita con noi”.

Gettare l’amore oltre gli ostacoli

Nel 2020 il bambino aveva 4 anni e mezzo ed era stato iscritto nelle liste special focus per una condizione sanitaria più urgente rispetto ai special needs: i genitori – che abitano con Angelo in provincia di Treviso – non avevano mostrato difficoltà nell’accettare un bambino con agenesìa di un orecchio dalla nascita (anomalia congenita che può indicare l’assenza di alcune o tutte le componenti delle orecchie, ndr) e una labiopalatoschisi grave”.
La loro partenza, dopo l’accettazione della proposta di abbinamento, sarebbe avvenuta da lì a pochi mesi, nell’estate del 2020.
Oggi Matteo ha quasi 9 anni, li compie il 12 giugno, per la precisione, e questo figlio e fratello è ancora desiderato e atteso. “In questi anni tra le famiglie sospese come noi c’è chi non ha retto, chi ha cambiato Paese – ed è comprensivo – ma noi non ce la siamo sentita di dire no a questa adozione. Sarebbe come abbandonare nostro figlio di nuovo”.
I primi mesi dopo la chiusura delle adozioni erano trascorsi nella speranza che alla fine del Covid tutto sarebbe tornato come prima. Epure non è andata così, le restrizioni da parte della Cina sono rimaste.
“All’inizio ci era stato concesso di mandare un video e alcune foto di noi, della casa, cui poi ha fatto seguito un altro video messaggio di risposta dalla Cina – aggiungono Cecilia e Giovanni -. Sappiamo che in questi quattro anni Matteo è stato operato due volte per la sua labiopalatoschisi e che un esame audiologico ha rivelato che il suo orecchio al 70% può sentire. Di più non abbiamo saputo, dal settembre di due anni fa”.

Il tempo non ha scalfito il desiderio di famiglia

Ora pare che la ministra per le pari opportunità e a famiglia Eugenia Roccella sia disposta a incontrare le famiglie italiane ancora in attesa di partire per concludere la loro adozione.
“Spero che la ministra abbia notizie, perché noi vorremmo avere risposte chiare. Anche un ‘no’ ma almeno sapremo di dover affrontare questo lutto e andare avanti – dice Cecilia con maggiore concitazione – A oggi abbiamo scritto a tutti i ministri, al Papa, al presidente della Repubblica, siamo andati in tv per lanciare appelli, avevamo perfino anticipato i vaccini per il Covid quando si pensava che l’ostacolo fosse solo quello. Eppure nulla di fatto”.
La vita prosegue, ma per questa e altre famiglie sono giorni in cui la sofferenza resta sottopelle.
“Nostro figlio Angelo continua a parlare di suo fratello in classe, nei suoi temi, perfino a catechismo – concludono Cecilia e Giovanni. Quando gli hanno chiesto di esprimere un desiderio ha risposto: ‘Vorrei andare a prendere mio fratello Matteo in Cina”.

Informazioni e domande sull’adozione internazionale

Chi sta considerando un’adozione internazionale o semplicemente desidera avere maggiori informazioni a su questi temi, può contattare l’ufficio adozioni di Ai.Bi. scrivendo un’e-mail a adozioni@aibi.it. Per vedere tutti gli appelli attualmente pubblicati si può andare alla pagina dedicata al progetto “Figli in attesa”. Dona per il Fondo Accoglienza Bambini Abbandonati