Figli di colore: come parlare della loro pelle?

I problemi legati al colore della pelle esistono ed è nostro lavoro di genitori parlarne con i nostri bambini. Dal nuovo numero della rivista Adoptive Families (Famiglie adottive) arriva una guida su come gestire, età per età, questo genere di conversazioni. Come prepararli al problema, senza renderli ipersensibili al fenomeno? E poi, se parliamo loro di razze, compromettiamo i loro sentimenti verso i bianchi? Sono queste le domande più diffuse che i genitori adottivi europei devono affrontare. Il problema esiste e i vostri figli vi entreranno in contatto, che voi gliene parliate o no. Vediamo come trasmettere ai nostri bambini gli strumenti per gestire la situazione.

Parlare di colore, razze ed etnie è obiettivamente difficile nelle nostre società. Ma aggirare il problema può generare nei vostri figli un atteggiamento di inconsapevolezza verso certi aspetti della loro identità, facendo loro pensare che certe caratteristiche siano o possano essere invisibili, senza che si rendano conto di come siano generalmente recepite dalla società.

Dunque, no ai silenzi: fanno crescere i figli adottivi sotto vetro. Ad esempio, nell’area metropolitana di San Francisco, in California – in uno degli Stati più tolleranti dell’Occidente – c’è il pensiero comune che l’opzione color-blind (traduz., “essere ciechi sul colore”; in italiano: non guardare al colore della pelle) sia la soluzione. Ma parlarne è invece raccomandato, e il momento migliore per iniziare è prima che i bambini possano affondarlo in una discussione. Prevenire, quindi. E parlarne periodicamente.

Dagli 0 ai 2 anni
È il momento di assicurarsi che i vostri familiari siano ben informati. Tutti in famiglia devono sapere la differenza tra etnia, razza, cultura, eredità, nazionalità, identità. È indicato cercare libri, giocattoli e altri mezzi che forniscano rappresentazioni visive del retaggio etnico dei vostri piccoli. Entrare in contatto con organizzazioni e servizi coinvolti nell’eredità culturale dei vostri figli può essere di aiuto. Attenzione ai commenti poco sensibili di chi vi circonda, specie quando il piccolo o la piccola toccano la vostra pelle o la pelle altrui. È molto importante impostare la comunicazione pre-verbale.

Anni 3-5
Il piccolo ha iniziato a vedersi diverso dagli altri e a sentire conversazioni di estranei, come: «Da dove viene il bambino?». Comincia la sensibilità verso le differenze: femmine e maschi, bianchi e neri. Siamo agli inizi anche della scoperta di un vocabolario verbale su etnia e razze. Chiedetegli che cosa pensa delle vostre pelli diverse. Usate termini correnti e appropriati: birazziale, multirazziale, adozione internazionale. Non vergognatevi a correggere il linguaggio dei vostri familiari. Incontrate i suoi futuri insegnanti in modo aperto e informale, offritevi per fornire libri e materiali e per monitorare integrazione e discriminazione in classe. Scaricare l’argomento, contrariamente a quanto si creda, è la cosa da non fare.

Anni 6-7
Occhio al bullismo: prevenitelo e assicuratevi che la scuola stessa abbia dei programmi di prevenzione e intervento sul bullismo. Costruite una forte relazione con insegnanti e dirigenti scolastici. È l’età in cui il bimbo o la bimba incominciano a sentire epiteti, stereotipi o addirittura parole offensive da parte di altri bambini e anche di adulti. Non poterete essere presenti ogni volta che accada, ma se i vostri bimbi vengono direttamente coinvolti in episodi come questo, parlarne tempestivamente con loro fa sì che imparino prima a gestirli. Se qualcuno lo ha insultato, ascoltatelo e concentratevi su come si sente vostro figlio e non sulle intenzioni di chi insulta. Casa vostra è un luogo sicuro per parlarne e lui lo deve sapere, anche se dovete mettere da parte il vostro sconforto sul razzismo di altre persone. Confermate le sue reazioni emotive, i suoi sentimenti e le sue emozioni  e ribadite che in una famiglia è OK avere un aspetto diverso l’uno dall’altro. Se è il caso, coinvolgete l’insegnante.

Anni 8-10
A quest’età, gli stereotipi sono stati tutti incontrati e assimilati. Sui temi del colore della pelle e delle etnie i bambini ormai usano il linguaggio che voi usate a casa e cominciano a identificarsi in certe parole, ma può essere ancora poco chiaro che cosa quelle parole vogliano dire. Stanno esplorando il significato di quelle parole che si riferiscono a loro, è può capitare che improvvisamente neghino la loro identità o cambino idea. Anche qui, chiedete loro come interpretano la parola: può darsi che dietro un diniego come “io non sono cinese” vi sia la notizia che i cinesi mangiano i cani – cosa con la quale non si vogliono identificare. Ricambiate la loro dichiarazione dicendo che cosa quella parola significa per voi e per chi vive all’interno della vostra famiglia.

Importante: chiaritegli che identità ed eredità non sono per forza la stessa cosa. Ad esempio, la propria eredità può essere americana o asiatica, ma ci si può identificare primariamente nel proprio Paese adottivo. Se è il vostro bambino a perpetrare insulti a qualcuno, fatevi confidare i suoi sentimenti sul colore della sua pelle e sulle persone appartenenti alla sua etnia.

Mai dimenticare che i modelli sono cruciali. I figli adottivi preadolescenti hanno bisogno di vedere la loro identità rispecchiata in qualcuno che ha il loro aspetto e il loro retroterra culturale. Rivolgersi a comunità e associazioni di genitori adottivi può essere una buona soluzione.