Adozione. “Mi dispiace, ma vostra figlia non potrà più proseguire l’iter di adozione”

Capita di dover comunicare a una coppia che ha atteso a lungo lo “sbinamento” con quella che già era, dal momento dell’abbinamento, la loro figlia. E capita di cogliere pur nel loro nel dolore e nella delusione l’amore incondizionato verso quella bambina

Già la parola in sé, “sbinamento”, è brutta. Figurarsi se capita di doverla pronunciare e, soprattutto, vivere, a tre giorni dal Natale, mentre tutta intorno l’aria di festa sembra imporre il dovere di sorridere. Anche se, poi, a pensarci, non è che ci sia un momento più indicato di un altro per ricevere una notizia devastane come quella che la bambina che ti è stata abbinata non sarà tua figlia.
Già, perché “sbinare” significa proprio questo: “cancellare” quell’abbinamento che, quando comunicato, nel cuore rende già una coppia e un bambino genitori e figlio. E come nel momento della comunicazione dell’abbinamento esplode la gioia di chi attende da anni, da una parte come dall’altra, i sentimenti si capovolgono completamente nell’attimo dello sbinamento.

Un amore incondizionato, nonostante tutto

Spetta a noi operatori dare questa comunicazione alla coppia che attende (non “aspetta”, ma “attende”, con tutta la tensione emotiva possibile del “volgersi verso…”) e che è pronta a ricevere indicazioni sulla partenza, così da organizzarsi e dare concretezza tangibile in qualcosa “da fare” a tutti i progetti di un futuro insieme che sono stati fatti durante il periodo dell’abbinamento.
Invece, questa volta, il Paese d’origine del minore ha riportato delle indicazioni che non rispecchiano quelle che la coppia si aspettava. È la bambina stessa che per trascorsi emotivi e motivazioni sue, certamente legittime, ha deciso di non voler proseguire. (Povera bambina! – penso dentro me – Quanto deve aver sofferto per arrivare a questa drammatica decisione: purtroppo in lei si è spenta la speranza!) Ma anche questo conta fino a un certo punto per chi deve ricevere la notizia.
Anche qui, però, vengo sorpresa dalla compostezza e la dignità con cui la coppia incassa il colpo nel sentire le mie incerte e faticose parole: “Mi dispiace, ma vostra figlia non potrà più proseguire l’iter di adozione”.
Quello che si dipinge sul volto di chi mi sta di fronte è una rassegnazione che rivela un amore incondizionato verso la bimba e che mi lascia senza fiato. “Ora dobbiamo elaborare questa cosa che ci dici – rispondono. È proprio una doccia fredda e ci sentiamo senza speranze, dopo aver a lungo sognato la vita a tre proprio con lei. Ma se questi sono i fatti cui attenerci, non possiamo fare altro che augurare alla piccola tutto il meglio per il suo futuro”.
Poi, inevitabile e giusto, arriva il pianto.
Sento palpabile la commozione di una coppia che si stringe per darsi forza l’un l’altro e che si abbraccia per sostenersi in una situazione incredibile. É un lutto, l’ennesimo, da digerire. Non c’è nulla che si possa fare, nulla che io possa dire, il silenzio rimane l’appoggio maggiore da offrire, anche se dentro brucio e vorrei urlare… non so bene cosa!.
Accetto come sono andate le cose, non sono nessuno per giudicare, e il mio compito, ora, è stare a fianco di questi genitori mancati per aiutarli a superare lo shock e trovare la forza di “andare oltre”. Provare a vivere bene questo dolore, cercando di ritrovare la luce per continuare ad attendere il figlio che, ne sono certa, i piani del Signore ha in serbo per loro.

Alice
sede Ai.Bi. di Mestre