Garante per l’infanzia. Serve una figura capace di monitorare i minori fuori famiglia

garanteSenza poteri effettivi, il Garante per l’infanzia e l’adolescenza sarà una figura puramente formale. Tra le sue competenze dovrebbe esserci anche quella di monitorare il numero dei minori fuori famiglia nel nostro Paese. Sono questi i risultati più rilevanti emersi dal seminario che si è svolto mercoledì 14 a Milano, promosso dal Pidida, il coordinamento che raggruppa le più importanti associazioni che si occupano di tutela dell’infanzia. Per AiBi era presente Enrica Dato, responsabile dell’Ufficio Diritti dei minori dell’associazione.

Numerose le criticità emerse nel dibattito sull’istituzione del Garante. Da una ricerca comparata sui Garanti di Belgio, Regno Unito e Spagna, presentata dalla giurista Roberta Ruggiero, è emerso che il Garante nazionale italiano avrà a disposizione solo 200mila euro l’anno, una cifra irrisoria rispetto ai 3 milioni di euro a disposizione del Garante dell’infanzia della regione spagnola della Catalogna (7,3 milioni di abitanti a fronte dei 9,7 della Lombardia).

La soluzione del Regno Unito è la più in linea con le direttive del Gruppo di Lavoro per la Convenzione sui Diritti dell’Infanzia e dell’Adolescenza (CRC) che non prevede un Garante nazionale, ma un coordinamento di Garanti regionali organizzati a livello centrale. In Italia invece il Garante nazionale avrà competenze che si sovrappongono a quelle dei Garanti regionali già esistenti e con una capacità di lavorare in maniera integrata piuttosto debole. In Italia servirebbe una figura di coordinamento, anche per tenere monitorata la condizione dei minori fuori famiglia. E’ il punto sollevato dal Garante per l’infanzia e per l’adolescenza della Regione Lazio Francesco Alvaro.

In Lazio gli uffici comunali non hanno sviluppato un sistema di raccolta dati e non sono quindi in grado di riferire il numero dei minori in affido alle autorità competenti. – ha detto Alvaro – Mi sono scontrato con questa realtà da subito. L’unico dato certo è quello dei 700 minori di cui il Comune ha la potestà e sono oggi affidati alle comunità educative.”

La realtà del Lazio rispecchia un problema diffuso su tutto il territorio nazionale.