Haiti: cronaca di ordinaria follia da Port-au-Prince

bambiniHaitiUn milione di persone senza un tetto, costrette a vivere per strada e a fare lunghe file per ricevere un pasto al giorno; tra di loro sono tanti i bambini rimasti orfani, minori che non sanno più nulla dei loro familiari.

Il cooperante di Ai.Bi. Stefano Marchi, arrivato a Port-au-Prince racconta la situazione in cui vivono le persone per le strade della capitale:

Vedo la gente per strada che vende verdura coltivata in chissà quali terreni. Vedo rigagnoli d’acqua sudicia per le strade in cui passano e vivono le persone, dove lavorano i bambini. Vedo i mercati, tendopoli in cui le persone, all’interno o all’esterno, stendono un fazzoletto o una tovaglia sul fango nero di terra.

Vedo baraccopoli, tendopoli e baraccopoli ancora e fiumi e canali cittadini, fosse naturali, qualche volta strade intere non più percorribili perché riempiti di immondizia. Dove questa non galleggia nell’acqua, dove comunque tutti si lavano spesso e volentieri, l’immondizia viene bruciata per fare spazio a nuova immondizia. Le persone sembrano incuranti dei bambini che “giocano” o delle persone che vivono attorno e muoiono di esalazioni velenose costantemente nell’aria.

Le strade sono devastate, ma non solo dal terremoto.

Non si vedono macchine che non siano 4×4, una ogni tre è delle Nazioni Unite, una ogni tre è di una Organizzazione non Governativa (ONG) con tanto di adesivo, la terza si dividono tra taxi collettivi (pick up colorati e trasformati in piccoli autobus) e qualche auto privata. Tutti passano dove pare a loro. I sensi di marcia sono considerati convenzioni scomode, anche uno spartitraffico o un marciapiede non impedisce che altre auto con evidente urgenza ti superino ovunque ci sia posto. Al lato strada c’è una macchina ferma col cofano aperto o sospesa senza gomme ogni 100 metri.

Vedo bambini per strada, signore che vendono o lavano continuamente i panni, e vecchi che immersi fino alla vita, puliscono le fogne o i canali di sfogo o i tombini ormai saturi.”