Haiti: il racconto di un’adozione

Dieci anni fa, se aveste chiesto a Craig Juntunen di rinunciare alla vita mondana per giocare a softball sul campo locale con un gruppo di ragazzi, si sarebbe messo a ridere.

Era un uomo affermato e senza figli, vicino ai cinquant’anni; lui e sua moglie Kathi vivevano una vita piacevole. Avevano smesso di lavorare giovani, fatto milioni di dollari con la vendita della loro impresa, avevano case a Scottsdale e sulle Montagne Rocciose del Colorado, hanno viaggiato per tutto il mondo e godevano di una libertà assoluta di fare proprio quello che volevano quando volevano, una vita completamente libera dal lavoro o dai bambini.

La vendita della sua redditizia attività, specializzata in capitale umano per le società di alta tecnologia gli ha consegnato, secondo le sue parole, un biglietto della lotteria.” L’High Tech nel 1990 era il posto giusto per il successo e Juntunen ne è stato l’epicentro. “E’ stato del tutto fortuito trovarsi nel posto giusto, al momento giusto” dice. Juntunen ha guadagnato moltissimo, entusiasta di aver raggiunto il suo obiettivo di andare in pensione a 40 anni. Dopo un decennio di prepensionamento, Juntunen ha capito che qualcosa mancava. Ma che cosa?

I bambini non erano in cima alla lista delle sue priorità “Non avevo alcun interesse a diventare padre” dice. Non ero solo quel tipo di persona che non voleva figli. Ero il tipo che batteva il pugno sulla scrivania, giurando che non sarei mai diventato padre. Ho sempre detto che era una vergogna che Kathi mi avesse sposato perché lei sarebbe stata una buona madre, ma era qualcosa che ha accettato come parte della nostra vita insieme”.

Tutto cambiò un fatidico giorno su un campo da golf, quando un amico, ha cominciato a parlare con passione dei bambini che aveva adottato recentemente da Haiti. Più parlava, più Juntunen si interessava “Sono rimasto affascinato dalla sua passione, dal modo in cui ci teneva. Ho pensato ed ho capito che questo aspetto era assente nella mia vita.

Poi, naturalmente, c’è stata la complicata vicenda di Haiti, le terribili condizioni di vita, la povertà, i bambini che vivono negli orfanotrofi, un disperato bisogno di case che hanno costretto Juntunen ad agire. Lo stesso giorno, ha detto a sua moglie che sarebbe andato a fare un viaggio ad Haiti per capire di persona quali fossero le condizioni dei bambini e per vedere se non ci fosse qualcosa che potesse cambiare la loro vita.

E così facendo, Juntunen si è imbarcato su un volo per Haiti. Una volta lì ha iniziato a lavorare presso un orfanotrofio che gli era stato segnalato dal suo amico. L’ obiettivo era quello di valutare le condizioni dell’orfanotrofio e le esigenze dei bambini. Mentre stava lavorando su questo, ha incontrato una bambina di nome Esperancia (Espie). La loro attrazione è stata immediata. Non riesco a spiegarlo, ma posso dire che ha subito catturato il mio cuore. Ho chiamato mia moglie e le ho detto che eravamo in procinto di diventare genitori “ dice Juntunten.

Kathi si è affrettata per completare le pratiche burocratiche negli Stati Uniti, compreso lo studio della famiglia, un processo di screening lungo e protratto nel tempo che fornisce i servizi necessari per i genitori. Nel frattempo, Juntunen lavorava ad Haiti, cercando di migliorare le condizioni di vita degli orfani. Non passò molto tempo che incontrò Amelec. Dal momento che aveva avuto Espie, circa un anno prima, Juntunen pensò che le avrebbe fatto piacere avere dei fratelli. “Ho chiamato Kathi e lei ha accettato. Saremmo stati genitori di un ragazzo e una ragazza”.

Questa situazione durò parecchi giorni prima che Juntunen, durante una visita ad un orfanotrofio estremamente povero incontrasse un bambino, che era stato abbandonato sulla strada e stava morendo di fame. Dal momento che l’orfanotrofio dov’era stato portato non aveva nessun servizio, Juntunen si organizzò per portare il bambino all’orfanotrofio nel quale lavorarava, che era maggiormente attrezzato.

Durante il trasporto del bambino da un orfanotrofio all’altro, è successo qualcosa. Lui era sdraiato nella mia macchina, l’ho guardato negli occhi e ho subito saputo che questo ragazzo era un combattente. Era pelle e ossa, malnutrito, debole, ma ho potuto vedere qualcosa”. L’orfanotrofio cominciò a chiamare il bambino “Little Craig”, ma in poche ore, Juntunen lo aveva ribattezzato Quinn. Tornò al telefono con sua moglie, dicendole che sarebbero presto diventati anche gli orgogliosi genitori di un bambino di nome Quinn.

Juntunen è tornato negli Stati Uniti in attesa di tutti i documenti dei bambini coinvolti nell’adozione; lui e Kathi sono volati giù periodicamente durante quei mesi per visitare i loro bambini e dare un sostegno maggiore all’orfanotrofio. E’ stato durante questo periodo che Juntunen ha deciso di fare qualcosa di più. Ha fondato Chances for Children, un’organizzazione che lavora per recuperare fondi da destinare agli orfanotrofi di Haiti.

Oggi Amelec ha 10 anni, Espie nove e Quinn cinque. “Ora che i bambini sono a casa e vivono nella nostra comunità a Scottsdale, le loro vite sono come quelle degli altri bambini. Quello che ho imparato è che non importa la provenienza, non importa dove sono i bambini o quello che hanno passato, i bambini sono bambini “ dice.

Juntunen era così cambiato dall’esperienza della paternità che ha scritto un libro intitolato Boths Ends Burning, che parla del cambiamento nella sua vita, delle adozioni da Haiti e della sua vita con i figli.

“Il tono del libro è molto chiaro, perché era quello che sentivo dopo questa esperienza incredibilmente felice dell’adozione dei miei figli”, spiega. “Ora non mi sento più così leggero, dal momento che molto è cambiato e molti ragazzi sono lasciati soli non appena si rompe il sistema di adozioni internazionali.”

“C’è una silenziosa crisi sociale”, dice Juntunen, riferendosi allo stato attuale delle adozioni internazionali, che nella gran parte dei casi procedono a rilento, e in molti altri, si sono fermate del tutto.

Per questo motivo, l’associazione di Juntunen sta approntando una serie di linee guida internazionali, un nuovo modo per portare insieme responsabilmente bambini e genitori provenienti da tutto il mondo. Juntunen svelerà queste linee guida il 15 aprile a Washington, al Forum Internazionale di Holt.

“In definitiva, credo che l’adozione internazionale porterà all’evoluzione di una società globale, dove l’incrocio di razze e culture renderà il pianeta più piccolo. Le famiglie che si sono create attraverso l’adozione internazionale sono gli ambasciatori, perché i loro figli diventano parte della comunità in cui vivono e ci guadagnano tutti da questa esperienza”.