I bambini siriani dovrebbero prepararsi alle vacanze estive, non fuggire dalle bombe

Bambini ludoteca Siria

Casa, scuola, giochi, amici, famiglie: e ancora vacanze, estate e spensieratezza.  Termini usuali per chi non conosce la guerra ma trasformati in ricordi e sogni per chi dalla guerra è scappato. Parole che si rincorrono nei discorsi di tutti i profughi che hanno lasciato la Siria, dove il conflitto non ha lasciato scampo davvero a nessuno.

Quando mi alzo bevo latte, si mangia e si vede la Tv, compriamo anche dei dolci“, dice Laial, profuga siriana di nove anni, da tre ad Alessandria d’Egitto. Ma prima era un’altra cosa. “Avevamo giocattoli, casa…andavamo fuori a giocare sull’altalena e sugli scivoli. Poi è caduta una bomba e siamo scappati“. E’ piccola, ma non si perde d’animo: “Quando sarò grande spero di diventare un ingegnere“.

Come gli altri bambini nel mondo, i bambini siriani dovrebbero prepararsi per le vacanze estive, non scappare e nascondersi dalle bombe e dai proiettili. Cosa dovremmo rispondere ai tutti quei bambini che, ovunque in Siria, continuano a chiederci, ancora e ancora, “quanto finirà tutto questo?

Come lei, Abeer:  “ho perso tutto in Siria. La mia famiglia, mia nonna, mia zia, i miei amici e tutti i parenti. Ho perso la mia casa. Non dimenticherò il giorno in cui ho lasciato la Siria. Vorrei poterci tornare“.

Mi chiamo Beyaan, ho 17 anni e sono in Egitto da più di un anno“, racconta un’altra profuga, anche lei impegnata a recuperare gli anni di scuola persi in Siria. “Nonostante le distruzioni e il fatto che la situazione era disastrosa, mi manca vivere lì” dice. “Per distrarmi scrivo poesie, ma sogno di diventare una dentista e di essere un esempio perché il mio Paese sia orgoglioso di me“.

Cosa fare allora? Dargli la giusta accoglienza quando arrivano sulle nostre coste alla ricerca di una seconda possibilità ma anche aiutarli a vivere dignitosamente nella loro terra mettendoli concretamente nelle condizioni di stare al riparo dalle bombe,  mantenere una “normalità”  fatta di giochi, cibo, scuola, accessibilità alle cure mediche e lavoro. Già perché accanto alle tante migliaia di siriani che sfidano il mare per arrivare in Europa ce ne sono altrettante che invece vogliono resistere nella loro terraE noi dobbiamo pensare anche a loro. Quello che fa Ai.Bi., Amici dei Bambini con i propri interventi di prima e seconda emergenza e l’assistenza psicologica per la cura del PTSD (post traumatic stress disorder), ad Aleppo, Idlib, Binnish, Homms e Rural Damasco.

Qua molti bambini hanno assistito a violenze di livello terrificante:  rimangono profondamente traumatizzati. Alcuni non riescono più a dormire. Quelli che ci riescono, hanno incubi. Molti hanno perso l’udito a causa dei costanti bombardamenti. Altri ancora improvvisamente scoppiano a piangere. Tremando per la paura: c’è persino chi non riesce più neanche a parlare. Ovunque essi siano, i bambini vivono nel costante timore di non sapere quando colpirà il prossimo attacco. E intanto sognano di andare in vacanza, al mare e giocare spensierati.

Fonte: ansa