Il cinema, specchio della società: la cultura negativa dell’adozione

Paolo scrive:
I giorni scorsi sono stato al cinema per assistere alla visione del film della Marvel “Avengers”. Purtroppo, non ho potuto nascondere la mia profonda delusione quando durante la visione del film ho sentito una battuta profondamente discriminatoria pronunciata nella versione italiana. In particolare mi riferisco a quando il personaggio di Thor, parlando del fratello Loki, sottintende e tiene a precisare che suo fratello sia «pluriomicida non perché sia mentalmente disturbato, quanto perché, piuttosto, sia un fratello adottivo».
Nel mondo i bambini orfani sono circa 145 milioni e di quelli che vivono in centri di assistenza, meno del 5% rientra tra i fortunati che riescono a trovare accoglienza in una nuova famiglia tramite l’adozione. Di fronte ai numeri di questa tragedia planetaria, ritengo che ognuno debba fare la sua parte, aiutando ed incentivando un processo che è già fin troppo lento.Spero che una società come la Marvel, che adesso è controllata dalla Disney, voglia ritornare sui suoi passi con maggiore attenzione e sensibilità verso l’abbandono dei minori, che rappresenta una delle più grandi catastrofi del nostro futuro e per il quale l’adozione rappresenta una delle poche risposte valide.

I fumetti hanno un grande ascendente sui ragazzi e sicuramente veicolare attraverso questi un messaggio discriminatorio nei confronti di milioni di ragazzi meno fortunati non giova alla causa che vorrebbe in una realtà utopistica che tutti i ragazzi avessero alle spalle una famiglia su cui fare affidamento. Instillare nella mente umana di giovani ragazzi la convinzione o solo alludere alle diversità che esisterebbero tra due fratelli solo perché uno dei due è adottato sicuramente non è degno di una società che si dice civile come la nostra e finisce col vanificare gli sforzi di migliaia di associazioni e di volontari che ogni giorno cercano di combattere questi pregiudizi.

Gentile Paolo,

la ringrazio innanzitutto per la sua lettera appassionata. L’episodio di cui ci riferisce non è certo l’unico, già in altri casi abbiamo riscontrato situazioni nelle quali, all’interno di serie televisive, si tratta il tema del figlio adottivo senza il dovuto rispetto. Come lei evidenzia, il fatto più grave forse non è la mancanza di sensibilità nel porre il tema in questi termini, ma il fatto che si facciano questi riferimenti all’interno di un prodotto cinematografico destinato prevalentemente agli adolescenti, passando così un messaggio assolutamente negativo e fuorviante.

Purtroppo la nostra società ha sviluppato alcuni atteggiamenti culturali negativi nei confronti dell’adozione; non meraviglia allora che il numero di minori che vengono abbandonati aumenti sensibilmente. Purtroppo infatti l’ultimo dato che a noi risulta è di 168milioni, ancor più drammatico dei 145 milioni da lei citati (un dato, quest’ultimo, che risale ormai al 2004). Nel contempo le adozioni internazionali diminuiscono drammaticamente: basti pensare che nel nostro Paese le idoneità dichiarate dai Tribunali italiani per i Minorenni sono scese dalle 6.273 del 2006 alle 3.179 del 2011. Dove andremo a finire di questo passo?

Certo, il calo delle adozioni dipende da molti fattori, lo stiamo ripetendo continuamente: i costi sono troppo elevati e gli iter troppo lunghi. Ma ciò che è ancor più grave è che ci scontriamo con una cultura negativa che si manifesta anche nel cinema e nella comunicazione. Una cultura che ci colpisce con violenza nel momento in cui viene rappresentata in un dialogo cinematografico come quello in questione, ma soprattutto una cultura che mette a dura prova le aspiranti coppie adottive: coppie che vengono selezionate aspramente anziché accompagnate, che sono indagate dai tribunali per i minorenni alla ricerca di ogni piccola “difformità” che possa rendere “inopportuno” un giudizio di idoneità. Coppie scoraggiate dai tempi lunghi ed incerti, dai costi proibitivi, da un impegno emotivo e di tempo che per alcuni diviene insostenibile.

E se questa è la cultura dominante, poco ci meraviglia che il cinema, in tal senso specchio della società, ci riproponga un modello così negativo e discriminatorio.

Per quel che ci compete segnaleremo l’episodio alla Disney italiana, e invitiamo tutti coloro che sono d’accordo con te, Luigi (e ovviamente con noi), a fare altrettanto.
Grazie.

Massimo Rosa, responsabile Comunicazione di Ai.Bi. Amici dei Bambini