Il dibattito sul caso ARAI: la parola alla Direttrice Colella

Gent.mo dott. Griffini,

mi inserisco nel dibattito aperto sul sito dell’Ai.Bi. nei confronti del Servizio Pubblico per le adozioni internazionali della Regione Piemonte, ripercorrendo i presupposti giuridici che hanno portato alla nascita del servizio pubblico, l’operatività dell’ente pubblico e le prospettive dell’ARAI nello scenario delle adozioni internazionali.

Le ricordo che l’ARAI-Regione Piemonte nasce, in attuazione al dettato legislativo, da una scelta politico-istituzionale dell’Amministrazione della Regione Piemonte, e che il Dipartimento Affari Sociali della Presidenza del Consiglio dei Ministri ha trasferito dei fondi per l’attivazione di tale servizio al fine di proporre alla cittadinanza un servizio pubblico regionale a fianco degli enti Autorizzati di natura privata.

Con il trasferimento dei fondi regionali l’Agenzia realizza non solo adozioni internazionali, ma anche progetti di cooperazione e di scambio di esperienze nei Paesi stranieri al fine di promuovere la tutela dei minori in difficoltà e progetti regionali informativi sull’adozione destinati a tutta la cittadinanza.

Con riferimento alla contestazione in materia di pubblicazione del bilancio consuntivo, si ritiene utile ricordare che tale atto, così come tutti gli altri provvedimenti dell’ARAI, ai sensi del vigente Statuto dell’Agenzia, vengono regolarmente pubblicati sul Bollettino Ufficiale della Regione Piemonte.

Inoltre, nel rispetto della normativa vigente in materia, l’Agenzia è tenuta a consentire il diretto accesso a tali atti, nella forma di visione ovvero estrazione copia.

Per una maggiore conoscenza sulle attività e spese sostenute dall’ARAI-Regione Piemonte si rinvia ala relazione annuale, pubblicata sul sito dell’ARAI, che viene presentata alla Giunta Regionale che verifica i risultati della gestione in relazione agli indirizzi e agli obiettivi assegnati e ne cura la trasmissione al Consiglio regionale per la relativa disamina.

Sulla qualità del servizio che rappresento, ritengo che la testimonianza sia quella delle tante coppie che stanno adottando o che hanno adottato con l’ARAI e che sono intervenute nel dibattito.

Sottolineo, altresì, che nel corso di questi anni il Servizio Pubblico si è ispirato a principi che vanno al di là di un’ottica numerica, nella convinzione che «l’adozione è per sempre» e che, come sostiene don Mazzi, «in certi casi l’adozione non è affatto la soluzione migliore» e che bisogna aiutare i bambini a vivere e a crescere nei loro Paesi di origine. Su questo fronte l’Agenzia ha operato e intende proseguire, così come intende sostenere i bambini e gli aspiranti genitori adottivi perché diventino famiglia.

Le chiedo di voler cortesemente pubblicare sul sito di Ai.Bi. queste mie considerazioni che offrono delucidazioni al dibattito da Lei avviato, e che auspico possa rientrare su binari costruttivi.

Anna Maria Colella, Direttrice di ARAI-Regione Piemonte

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Gentilissima dott.ssa Colella,

la ringrazio per il suo contributo. Anzitutto è da evidenziare come la nostra linea politica, espressa in materia di spending review a proposito dell’ARAI, ente pubblico piemontese per le adozioni internazionali, esula da qualsiasi riferimento alle persone che lavorano, collaborano e prestano servizio presso l’ente stesso. In particolar modo esulano da riferimenti personali alla sua Direttrice, che ho sempre stimato per capacità, entusiasmo e prospettiva politica.

Non possiamo però fare a meno di notare che non c’è parità di trattamento per enti che svolgono lo stesso servizio. Troviamo inoltre che le adozioni internazionali svolte presso l’ARAI siano troppo costose, soprattutto in un momento come questo, nel quale le famiglie sono messe a dura prova e nel quale occorre escogitare soluzioni tese al risparmio.

In riferimento alla frase che lei cita dall’editoriale di don Mazzi, pubblicato su Gente di gennaio, non possiamo concordare poiché crediamo fermamente che l’adozione non sia un atto di solidarietà o di carità, bensì di giustizia. L’adozione è infatti il solo atto capace di restituire al minore abbandonato la pienezza dei suoi diritti, drammaticamente tolti dalla perdita della famiglia. Ecco perchè diciamo che l’adozione è sempre la soluzione migliore.

L’adozione, che segna la nuova origine del bambino abbandonato nel seno dei genitori che lo accolgono, rende giustizia al minore contro il torto che gli ha inflitto chi lo ha abbandonato. Proprio in questa prospettiva di superiore interesse del minore si inserisce la riforma di legge che proponiamo nel nostro Manifesto, con l’obiettivo di ricollocare il bambino abbandonato al centro dell’adozione.

La ringrazio nuovamente per aver preso parte al nostro dibattito e le porgo i più cordiali saluti.

Marco Griffini, presidente di Ai.Bi. Associazione Amici dei Bambini