Kafala: un problema che l’Italia non ha voluto ancora risolvere

Kafala e protezione dei minori“: è questo il tema della Giornata di Studio che si è aperta oggi a Rabat, organizzata da Osraty (la più conosciuta Associazione di famiglie accoglienti in Marocco) sotto l’egida dell’Agenzia ONU per lo Sviluppo Economico. Il convegno è stato organizzato per tentare di dare una risposta a un dibattito nato all’interno della società marocchina: l’accoglienza familiare e la tutela dei minori abbandonati con la Kafala.

In Marocco non esiste l’istituto giuridico dell’adozione legittimante; non è possibile infatti rescindere i legami tra il minore e la famiglia d’origine. L’unico strumento di tutela è la Kafala, una sorta di impegno volontario con cui un adulto si prende cura di un minore senza che si crei alcun rapporto di filiazione. L’obbligo cessa con il raggiungimento della maggiore età; la misura protettiva è di fatto temporanea e non rispondente al superiore interesse del minore.

Dalla conferenza è emerso un dato allarmante, che riguarda da vicino l’Italia: con il ricongiungimento familiare si corre il rischio di creare un “canale parallelo” all’adozione. In Italia la kafala non ha trovato un riconoscimento nell’ordinamento. Il ricongiungimento è diventato così una sorta di “escamotage” per garantire il visto ai minori affidati con un provvedimento di Kafala e farli entrare così in Italia.
Infatti in base alla legge 182/2002 che disciplina il ricongiungimento familiare i minori affidati o sotto tutela sono equiparati ai figli legittimi e due sentenze della Corte di Cassazione(7472/2008 – 19734/2008) hanno stabilito che la Kafala crea un vincolo rilevante ai fini del ricongiungimento.

Questo significa che i provvedimenti di Kafala vengono riconosciuti automaticamente in Italia dagli organi della Pubblica Amministrazione (in applicazione della legge 218/1995), senza che il giudice italiano debba sottoporre a una nuova valutazione la sussistenza dei requisiti del provvedimento.

In questo modo non avviene nessun controllo sulla coppia o il single che richiede il ricongiungimento, né alcuna formazione e preparazione per chi accoglie il minore. Il risultato è che il minore non può evidentemente godere dei diritti di un bambino adottato. La situazione è preoccupante se si presta attenzione ai numeri: in soli sei mesi del 2008 sono pervenute all’ufficio del Consolato italiano a Casablanca ben 258 domande di rilascio di visti per il ricongiungimento familiare (legge 218/95) da parte di coppie marocchine, miste (un coniuge italiano e uno marocchino) e single residenti in Italia. Una cifra che rappresenta, in prospettiva, un decimo delle accoglienze che ogni anno si raggiungono con l’adozione internazionale.

Non si può ignorare il fenomeno, tanto più se si considerano i massicci flussi migratori dal Maghreb in Italia. Secondo i dati Istat sono 365mila i marocchini residenti in Italia (al 1° gennaio 2008), è necessario trovare una risposta definitiva al problema dell’accoglienza dei bambini abbandonati dei Paesi dell’Islam. E’ facile prevedere, infatti, che saranno sempre di più le richieste di coppie marocchine, miste o single residenti in Italia di accogliere i minori abbandonati dei loro Paesi di origine.

Quali le possibili soluzioni? Uno Stato Europeo, il Belgio, ha disciplinato la kafala (convertibile in adozione) dedicando a tale istituto specifiche norme del Codice civile. In pratica, previa preparazione e ottenimento dell’idoneità, coloro che intendono adottare un minore che proviene da un paese che non conosce l’adozione (es. Marocco), devono rivolgersi all’autorità centrale belga per l’abbinamento. Non è possibile quindi prendere alcuna iniziativa nel paese d’origine del minore.

La possibilità di tutelare i minori in Kafala esistono. Il Belgio l’ha dimostrato. Ora tocca all’Italia, vorrà farlo?