“La CAI c’est moi!” Perché lo #ScandaloDellaMonica era già annunciato? Quale la responsabilità di Renzi?

Grazie alle provvidenziali rivelazioni de “Il Fatto Quotidiano” pubblicato lo scorso 15 giugno, stiamo assistendo in questi giorni al progressivo svelamento di quello che in assoluto possiamo definire come il più grande scandalo che ha colpito il mondo del non profit italiano.

Un’ istituzione, la CAI (Commissione Adozioni internazionali), pensata e voluta dal legislatore italiano per regolamentare e sviluppare un esempio  virtuoso di collaborazione fra pubblico e non profit in un settore delicatissimo come l’infanzia abbandonata, lasciata completamente allo sbando nelle mani di una sola persona che ne ha fatto la roccaforte della illegalità, abuso di potere, favoritismi, per non pensare al peggio come certe intercettazioni sembrano alludere (“si vogliono spartire i soldi del risarcimento danni “) tra documenti fatti sparire nel cuore della notte, inviti a non parlare al telefono, riunioni solo con alcuni enti all’insaputa di altri…

Il sistema dell’ adozione internazionale era, infatti, un raro esempio in cui al non profit veniva demandata la totale gestione del servizio pubblico di accompagnamento delle coppie.

Infatti su ben 62 enti autorizzati, uno solo (ARAI Piemonte) è in mano al pubblico.

Un impegno questo da richiedere non solo alte qualità professionali, ma anche e soprattutto un rigido controllo da parte della autorità di riferimento, la CAI appunto, alla quale giustamente il legislatore aveva assegnato un potere di “vita e di morte” sugli enti autorizzati: troppo importante il ruolo da loro svolto per non essere soggetti ad un ferreo controllo.

Ma giustamente, dato un potere così forte alla CAI da determinare i destini di una organizzazione non profit, occorreva ben regolamentare l’esercizio di tale potere per garantire sempre e ovunque il rispetto delle regole democratiche.

Ben opportunamente, quindi, la legge prevedeva che la CAI fosse presieduta da un esponente dell’ esecutivo con compiti  di controllo sull’ operato del vice presidente e che ogni decisione, esclusa la mera attività, fosse ratificata da un organo collegiale – la commissione appunto – costituita oltre che dal presidente e vicepresidente, da 21 membri in rappresentanza di vari ministeri e altre realtà istituzionali e sociali.

Inoltre per il vice presidente – il vero deus ex-machina della CAI – la norma prevedeva ben precisi requisiti di effettiva esperienza nel settore minorile onde evitare che alla guida della CAI stessa fosse destinata una persona totalmente sprovveduta delle problematiche dell’ area minorile.

Ora perché lo #ScandaloDellaMonica era annunciato fin dai primi mesi del 2014, appena dopo l’ insediamento della SDM?

Già la sua nomina presso gli addetti al settore, in modo particolare presso gli ambienti della magistratura minorile, aveva suscitato non poche perplessità: che c’entra nominare un PM con nessuna esperienza in ambito minorile, rompendo così una tradizione che aveva visto il seggio di vicepresidente sempre assegnato – giustamente – ad un esponente della magistratura minorile?

E infatti fin dalle prime battute, l’ex vicepresidente Silvia Della Monica appariva come un pesce fuor d’acqua, non solo totalmente estraneo a ciò che veniva ad accumularsi sulla sua scrivania, ma incapace anche di continuare quella  indispensabile linea collaborativa sia con gli Enti Autorizzati che con le famiglie (la pessima gestione della crisi del Congo, che avrebbe richiesto la massima collaborazione fra tutti i soggetti – come fatto in passato per analoghe crisi, Ucraina , Cambogia, Nepal- ne è un esempio).

Ma il fatto inspiegabile e assurdo che ha gettato le basi dello #ScandaloDellaMonica è ciò che avvenne qualche mese dopo la nomina: un fatto mai avvenuto prima d’ora nella storia repubblicana.

A Silvia Della Monica (già vicepresidente), l’allora premier Renzi, nel pieno della sua super attività, assegna anche le deleghe di Presidente!!! Ma come il controllore e il controllato nella stessa identica persona ?!

Sarebbe bastato non convocare la commissione – in effetti nessuna norma prevede l’ obbligatorietà delle convocazioni ma solo la nullità delle decisioni se non ratificate dalla commissione per gestire da sola tutta l’attività.

Cosa che, come abbiamo visto, è avvenuta: a nulla sono servite le veementi reazioni del mondo politico fra interrogazioni, interpellanze, ordini del giorno e mozioni sono stati presentati 151 atti.

A queste si aggiungono le proteste di pochi enti – solo quelli più coraggiosi, disposti a sfidare – e di “beccarsi” poi le conseguenze negative – il potere del “monarca assoluto”, di centinaia di famiglie adottive e coppie in attesa.

Ma nell’indifferenza assoluta del Governo Renzi, l’ex vicepresidente Silvia Della Monica procedeva imperterrita nel motto: la CAI c’est moi! Fino a che la situazione divenne insostenibile anche per un distratto (o falsamente distratto?) Renzi: si avvicinava l’appuntamento con il referendum e la marea delle proteste contro la gestione folle di Silvia Della Monica aumentava sempre più: ancora interpellanze, servizi televisivi, articoli di giornale, lettere di famiglie… 

Occorreva intervenire alla maniera di Renzi: infatti dalla mattina alla sera toglie la delega di presidente CAI a Silvia Della Monica e la conferisce al suo braccio destro Maria Elena Boschi, che si presenta in Parlamento con un bel discorso programmatico di dieci punti per il rilancio della CAI.

Tutto il settore dell’ adozione internazionale tira un sospiro di sollievo: finalmente si può sperare in una ripresa dopo 2 anni di sfacelo. Finalmente le famiglie, le coppie e i bambini abbandonati tornano a sognare.

Ma tutti, anche Maria Elena Boschi – e Renzi stesso – hanno fatto “i conti senza l’oste”: cioè Silvia Della Monica!

Lei imperterrita va avanti per la sua strada e – inaudito nell’ inaudito – Maria Elena Boschi non solo non riesce mai a convocare Silvia Della Monica ma neppure a farsi rispondere al telefono: un assurdo braccio di ferro che resta però alla schermaglie iniziali.

Il Governo, infatti – inspiegabile – non vuole entrare in un testa a testa con Silvia Della Monica. Meglio aspettare la naturale scadenza di li a pochi mesi, poi c’è il referendum a cui pensare…

A questo punto Silvia Della Monica gioca le ultime sue carte: “la partita è persa… – sarà stato il suo pensiero – il governo è contro di me, non ho portato a termine il mio progetto (riformare il sistema adozione internazionale secondo il mio pensiero, come ci hanno svelato in lungo e in largo le 8000 pagine creando un sistema parallelo delle adozioni internazionali)..:” e sfodera l’attacco contro il nemico dichiarato, Ai.Bi., allestendo una vergognosa campagna di diffamazione che raggiunge il suo apice nell’ audizione del 12 ottobre 2016 in Commissione Giustizia della Camera dei Deputati dove pur sapendo di mentire (dal mese di agosto le erano pervenuti i documenti ufficiali della magistratura della Repubblica Democratica del Congo che smentivano nettamente passo dopo passo la fantasiosa e assurda ricostruzione de L’Espresso a firma di Fabrizio Gatti) avvalorava la tesi del L’ Espresso stesso.

Scandalo nello scandalo: il governo pur essendo perfettamente a conoscenza delle falsità dichiarate da Silvia Della Monica alla Camera dei Deputati, anche questa volta non interveniva e lasciava che si scatenasse una guerra assurda di diffamazione e calunnie contro Ai.Bi e le precedenti gestioni della CAI.

Da quel momento abbiamo assistito ad una guerra fratricida: enti contro enti, famiglie contro famiglie,  giornali pro e giornali contro. Enti che a tutti i costi volevano sostenere – chissà perché? – la riconferma di Silvia Della Monica e naturalmente tutti contro Ai.Bi.

Insomma si era arrivati al teatro dell’ assurdo: o Silvia della Monica o Ai.Bi !!!

Il tutto sotto l’ indifferenza ancora una volta del governo.

Fino all’ultimo momento, Silvia Della Monica tentava di resistere affiancata dai suoi “scudieri” e dal “luogotenente” Gatti che costantemente lanciava strali contro Ai.Bi, tentando di difendere l’indifendibile, elaborando le tesi più assurde di complotti e  macchinazioni ai danni dell’ ex vicepresidente Silvia Della Monica, “vera paladina della legalità e della giustizia”

Ci sono voluti ben 4 mesi (dal 12 febbraio al 15 giugno 2017) prima che la burocrazia riuscisse a confermare la nomina di Laura Laera alla vicepresidenza della Cai, mettendo finalmente fine ad una delle più vergognose pagine delle adozioni internazionali.

Poi Il Fatto Quotidiano ha reso finalmente noto al grande pubblico “il modus operandi” di Silvia Della Monica.

Ma una domanda resta ed è inquietante: perché il governo pur sapendo – infatti le carte risalgono alla fine del 2014 – e pur potendo intervenire per mettere fine a questo scempio non lo ha fatto, permettendo così il lento dissolversi di un sistema, quale quello delle Adozioni internazionali, una volta considerato uno dei fiori all’occhiello dell’ Italia?

È una domanda alla quale i cittadini esigono una risposta. E  le istituzioni non possono, questa volta, non dare risposta.