La libertà è un cammino deciso sulla strada dell’amore

pensiero080913_2In occasione della XIII Domenica del Tempo Ordinario, la riflessione del teologo don Maurizio Chiodi prende spunto dai testi del Primo Libro dei Re (1Re 19,16b,19-21), della Lettera di san Paolo apostolo ai Gàlati (Gal 5,1.13-18) del Vangelo secondo Luca (Lc 9,51-62).

 

Mettiamoci in ascolto di questa Parola con lo spirito di cui parla Paolo nella seconda lettura, scrivendo ai cristiani della Galazia: «Cristo ci ha liberati per la libertà!».

Il Signore ci ha liberato dal ‘giogo’ di una legge asfissiante, fatta di centinaia e centinaia di minuziosi precetti. Il cristiano è uno che è chiamato «a libertà». Non c’è nulla di ‘costringente’ nella nostra fede. Non c’è nessuna imposizione che, dall’esterno, imprigioni e soffochi la nostra libertà!

Certo – aggiunge Paolo – «questa libertà non divenga … un pretesto per la carne».

Queste parole ci pongono una bella e grande domanda, che è, giustamente, così cara all’uomo contemporaneo: che cos’è la libertà?

Noi abbiamo una profonda aspirazione alla libertà.

Libertà e felicità sono forse le due più grandi ‘note’ che caratterizzano l’animo umano. Armoniche fondamentali della ‘musica’ della vita!

Come possiamo tendere alla felicità se non siamo liberi e che cosa ce ne facciamo della nostra libertà se questa non ci porta alla felicità?

È a questa profondissima domanda che risponde il bel Vangelo di questa domenica.

Questa Parola comincia sottolineando la libertà di Gesù, che prende «la ferma decisione di mettersi in cammino verso Gerusalemme…».

Dopo gli inizi della sua predicazione e della sua missione in Galilea, a partire dalla fine del capitolo 9 del suo Vangelo, Luca descrive tutta la vicenda di Gesù come un unico, grande «cammino verso Gerusalemme». Qui comincia questo viaggio, lungo e impegnativo. La ‘meta’ del cammino, infatti, sarà la croce, la Pasqua di Gesù.

Il Vangelo oggi lo dice chiaramente: «mentre stavano compiendosi i giorni in cui sarebbe stato elevato in alto». È un modomolto bello, e anche un po’ curioso, per parlare della ‘croce’, nella quale Gesù verrà «elevato in alto».

Questo linguaggio allude anche alla croce come una ‘elevazione’, qualcosa di alto, nobile, bello. Questo, naturalmente, ci chiede di comprendere il senso profondo della croce di Gesù, che non è semplicemente dolore.

Gesù non sceglie affatto il dolore come meta della sua vita e nemmeno chiede a noi di seguire una strada che termina nel dolore e che è costellata di dolori e di sacrifici. Nient’affatto!

L’altezza della croce di Gesù è la rivelazione del dono e dell’amore, che in essa trova pieno compimento. Rifiutato, messo in croce, Gesù non si tira indietro, va fino in fondo, con «ferma decisione», per amore.

La sua libertà è un cammino deciso sulla strada dell’amore!

La Resurrezione di Gesù rivelerà tutta la bellezza di questa sua vita amante, perché amata (dal Padre suo)!

In effetti, subito, Gesù incontra un rifiuto.

Scendendo verso Gerusalemme, e dovendo attraversare la Samaria, gli abitanti di un villaggio non vogliono riceverlo, non vogliono ospitarlo. Certo, lo fanno perché è in viaggio verso Gerusalemme, ma dietro questo rifiuto c’è qualcosa di più profondo. È un rifiuto simbolico, che anticipa quello che Gesù soffrirà da parte di coloro che lo crocifiggeranno.

Ai discepoli, Giacomo e Giovanni, che in modo impetuoso e perfino ridicolo, vorrebbero fare scendere «un fuoco dal cielo» per distruggere quel villaggio, Gesù risponde con un rimprovero. Non è questo e non sarà questo lo stile di Gesù!

«E si misero in cammino verso un altro villaggio».

Gesù non cerca il rifiuto, gli ostacoli, ma, se li trova, non si tira indietro, li affronta, in un cammino deciso, determinato, profondamente libero, forte!

È proprio lungo questo cammino, per la strada, che il Vangelo di Luca descrive tre incontri.

Sono tre uomini, di cui noi non sappiamo nulla. Conosciamo solo questo loro brevissimo, ma intenso, scambio di parole con Gesù. Forse, con un po’ di fantasia, spero non del tutto arbitraria, potremmo tentare di identificare queste tre figure con altrettanti ‘tipi’ o stili di relazione e di umanità.

Queste tre piccolissime scene, in fondo, incarnano tre modi di vivere la propria libertà.

Sarà poi importante e decisivo comprendere la risposta o meglio la chiamata di Gesù, in risposta alle parole di questi uomini.

In loro possiamo vedere, più o meno, ciascuno di noi o dei rischi che ciascuno di noi può correre nel cammino della sua vita. Sono rischi che ci riguardano tutti, anche quando abbiamo già fatto le scelte importanti della nostra vita, perché la nostra è sempre una ‘libertà in cammino’!

Il primo di questi tre lo potremmo chiamare ‘l’idealista’. Il secondo ‘l’uomo devoto’, ‘religioso’. Il terzo il ‘mammone’, il ‘tenerone’ (per inventare una parola quasi nuova!),

L’idealista si propone lui al Signore: «Ti seguirò dovunque tu vada». Colpisce, in queste parole, che è quest’uomo ad offrirsi. Non è il Signore che lo chiama. Non solo: quest’uomo sembra promettere a Gesù un’incondizionata dedizione e sequela: «dovunque tu vada». Forse questo tale non sa bene quello che promette. È tutto preso dallo slancio dell’entusiasmo.

Per carità, l’entusiasmo, specialmente agli inizi, è una cosa molto bella, è una spinta che ci aiuta e ci stimola. Il rischio è che, dietro questo ‘idealismo’ della libertà, si nasconda una immensa delusione. Gli idealisti fanno fatica ad affrontare le asprezze. E le difficoltà della vita facilmente li ‘sgonfiano’!

«Ma il Figlio dell’uomo non ha dove posare il capo».

Gesù, con estremo realismo, dice a quest’uomo che cosa lo attende: una dedizione incondizionata. Però, attenzione, qui Gesù non ‘distrugge’ un ideale per proporne un altro, ancora più irraggiungibile. Al contrario!

Vedete, la vita cristiana non è l’inseguimento di un ideale. È invece la risposta ad una voce che ti precede. È il cammino con un altro, Gesù, che ti sta accanto, e davanti, e così ti accompagna.

Invece quest’uomo, in fondo, immagina di essere lui che comanda. È lui che si propone. È lui che ha l’iniziativa, magari inseguendo i suoi sogni. Non è uno che risponde!

Il secondo tipo è il ‘religioso’, il ‘devoto’.

Stavolta è Gesù che chiama: «Seguimi».  Che strano: quest’uomo, profondamente (apparentemente) ‘religioso’, oppone a Gesù delle obiezioni! Queste sono fondate su un dovere prescritto dalla Legge: ‘seppellire’ i morti e, soprattutto, i genitori, il padre.

Quante volte tra noi e Gesù, anche noi, mettiamo l’osservanza di precetti religiosi e cultuali, che diventano un ostacolo per la sequela, per l’annuncio del Regno.

È a questo che Gesù richiama quest’uomo! Questa vita, apparentemente religiosa, in realtà porta alla ‘morte’, la morte della libertà!

E, poi, c’è il terzo. Anche lui, come il primo, si propone a Gesù. Però gli pone subito una condizione legata ai suoi affetti familiari. Potremmo chiamarlo un ‘mammone’, quest’uomo che negli affetti e nella tenerezza di questi sentimenti, trova un ostacolo, un impedimento, una trappola.

La risposta, lapidaria, di Gesù è molto bella: chi accoglie il Regno non può cominciare e poi lasciare lì. La dedizione a Gesù è più importante e urgente di tutti gli affetti, anche i più belli. Non perché ce li fa perdere, ma perché ce li fa ritrovare in tutta la loro bellezza e simbolicità.

Per concludere: possiamo dire che la nostra libertà è una risposta!

La libertà non è far quello che si vuole, ma volere quello che facciamo, rispondendo ad un amore che ci precede, ci anticipa, ci traccia un cammino.

La libertà è risposta ad un appello che – in Gesù – ci chiama ad un cammino nell’amore!