La riforma della Adozione Internazionale. Settimo punto: la Commissione Adozioni Internazionali dovrà essere presieduta da un ambasciatore

A proporlo il presidente di Ai.Bi. – Amici dei Bambini, Marco Griffini. “Un diplomatico è la figura adatta per rappresentare l’interesse nazionale di fronte alle autorità straniere”

La CAI – Commissione Adozioni Internazionali? “Deve essere presieduta da un ambasciatore”. Lo sostiene, nel suo decalogo per una riforma e un rilancio dell’Adozione Internazionale, il presidente di Ai.Bi. – Amici dei Bambini, Marco Griffini. “Quello adottivo – spiega il presidente di Ai.Bi. – è un progetto di vera e propria cooperazione internazionale, un progetto peraltro decisamente sostenibile. Ecco perché abbiamo chiesto che la CAI debba essere traslata sotto il Ministero degli Affari Esteri dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri, dove è attualmente collocata, sul modello di quanto avviene in altri Paesi”.

“Per dare seguito a questo cambiamento – prosegue Griffini – una naturale conseguenza di questa riforma sarebbe quella di avere al vertice di questo organo un rappresentante della diplomazia italiana. La CAI, che è il motore diplomatico dell’Adozione Internazionale e che, anche in questi ultimi mesi segnati dal Coronavirus, grazie all’impegno della dottoressa Laura Laera, si è tanto prodigata per risolvere le problematiche delle coppie abbinate o all’estero, che si sono trovate bloccate dalle misure internazionali per contenere la pandemia, lavorando a stretto contatto con le autorità estere, dovrebbe proprio in virtù di questa sua specificità essere presieduta da un ambasciatore”.

Adozione Internazionale. Perché un ambasciatore alla guida della CAI?

“Perché questo? – continua il presidente di Amici dei Bambini – Perché un diplomatico è la figura adatta per trattare e rappresentare l’interesse nazionale dello Stato italiano di fronte alle rappresentanze straniere, una figura dotata della necessaria autorevolezza internazionale per tutelare le coppie italiane che, accompagnate dagli enti autorizzati che alla CAI fanno riferimento, si recano nei Paesi di origine dei bambini per accogliere un minore nella propria famiglia e che, per questo loro gesto di giustizia, devono poter godere di tutto il supporto da parte del proprio Paese, a partire dal vertice del sistema adottivo”.

L’apertura e lo sviluppo della Adozione Internazionale si fonda essenzialmente e infatti sulla attività diplomatica che, se ben fatta, porterà alla firma degli accordi bilaterali in tema di Adozione Internazionale fra il Paese di origine e il Paese di accoglienza. L’accordo bilaterale va a normare tutta la procedura adottiva e viene attuato ovviamente dalle rispettive ambasciate .

L’Italia è il Paese che ha stipulato più accordi bilaterali di tutti con i Paesi di origine, accordi che sono stati stipulati negli anni d’oro della Adozione Internazionale in Italia e sono frutto proprio della intensa attività diplomatica messa in essere dai locali ambasciatori italiani, spinti da un Governo che credeva nell’accoglienza adottiva.

“Per dare sviluppo alla Adozione Internazionale – conclude Griffini – occorrono più accordi bilaterali, specialmente nei Paesi africani.  Se quindi l’attività principale della CAI è l’attività diplomatica, perché mai dovrebbe ancora essere presieduta da un magistrato (come è avvenuto sino ad ora), fatto frutto di una concezione non propriamente corretta di cosa sia necessario per uno sviluppo del settore. Dato che tutte le volte che ci si approccia a un Paese estero è necessario per le nostre istituzioni rivolgersi alle nostra ambasciate, tanto vale mettere un ambasciatore alla guida della CAI”.