L’adozione non deve essere una “cosa da persone speciali”!

Massimo scrive:

Siamo sempre qui, a misurare gli altri con il nostro metro. Ci vorrebbe un po’ più di rispetto per i percorsi degli altri, un po’ meno di supponenza nel credere che le nostre scelte siano sempre e in ogni caso le migliori e forse anche questo contribuirà a rendere l’adozione una cosa meno da “asceti” o da “santi” agli occhi di chi già ha paura di questa scelta. Presentarsi con la supponenza di essere la migliore soluzione possibile, tacciando gli altri di egoismo non solo rischia di evidenziare sottotraccia un’insicurezza latente, ma rinforza nel grande pubblico la sensazione che le adozioni siano “una cosa da persone speciali” e non, come sarebbe giusto, uno dei modi possibili per diventare genitori oggi.

Gentile Signor Massimo,

la mia esperienza con le famiglie adottive mi porta ad essere in linea con il suo pensiero. Le esperienze di genitorialità non sono assolutamente classificabili e paragonabili, direi che ogni esperienza è eccezionale, irripetibile ed unica di per sé, sia essa biologica o adottiva. Le coppie adottive vivono un iter più complesso e incerto nella tempistica ma l’esperienza è quella della genitorialità senza aggettivi…. e come per tutti coloro che diventano genitori, dopo le fatiche vissute, i visi contratti e stanchi si trasformano e si distendono in espressioni gioiose e felici al momento dell’accoglienza del proprio figlio; essere genitori di quello specifico e unico bambino regala senso e spiegazione in un attimo al percorso effettuato che è diventato, per quanto travagliato, lo strumento di incontro con il loro figlio. L’adozione è la soluzione migliore di certo se la guardiamo dal punto di vista dei bambini in condizioni di abbandono ma promuoverla con arroganza e giudizio smuove l’idea dell’insoddisfazione o dell’impresa per pochi eletti, è attraverso l’espressione della normalità dell’esperienza adottiva che si evidenzia la sua eccezionalità. Quando si riscontra nelle coppie adottive il bisogno di una sorta di riscatto o riconoscimento sociale è opportuno riflettere su questa esigenza che può essere testimonianza di disagio.

Un saluto

Lisa Trasforini

Psicologa di Ai.Bi.