Lampedusa, bellezza e orgoglio nazionale

dinah-1-blogIl 3 ottobre 2013 giurai a me stessa che da quelle bare sarebbe dovuta rinascere nuova vita e che avrei lottato affinché questo si potesse realizzare. Lampedusa e’ diventata la mia seconda casa, la mia piccola Africa che mi accoglie come sempre: allegra e verace, sentimentale e nostalgica.

Arrivo sull’isola di venerdì sera con non poche difficoltà. I voli dalla “terraferma” sono molto limitati, prendo il treno per Palermo e poi finalmente il volo per Lampedusa. Con me, tanti isolani tra i quali una signora anziana in sedia a rotelle, stanca e provata dal viaggio, non certo di piacere.

Li guardo tutti e penso che sono queste le storie che legano i lampedusani ai migranti. Il mare ha accolto l’isola e l’isola accoglie i popoli in fuga…non potrebbe fare altrimenti. E lo fa da più di vent’anni senza clamore, senza disturbo. Perché le esigenze e le difficoltà degli isolani e dei migranti diventano, seppur per un breve tempo, le medesime.

Bisogna partire? Se le condizioni meteo non lo permettono vengono meno gli approvvigionamenti per tutti…tutti “sulla stessa barca”!

Il CPA di via Imbriacola, suo malgrado, si riempie di uomini, donne e bambini che dovrebbero e vorrebbero proseguire il loro cammino…in egual misura la lampedusana che deve fare il controllo medico o la studentessa che deve rientrare all’università o la gravida che deve partorire.

E qui scatta la magia di Lampedusa, perché basta un solo attimo affinché gli isolani si attivino per non far mancare nulla all’ospite, dunque tutti a condividere ciò che si ha in casa e che deve durare, senza spreco, fino a quando tornerà a splendere il sole.

In questo mio ritorno ho due aiutanti preziosi: Seydou, senegalese, ormai isolano DOC da un anno in affido alla famiglia Maggiore e Omar, egiziano, appena maggiorenne, mio figlio. Si perché l’Africa mi ha fatto tanti doni, ma uno in particolare, quello di diventare mamma di cuore di Omar, rimasto orfano da un anno. Vederli entrambi aiutarmi nelle traduzioni, distribuire vestiti e abbracciare i coetanei appena giunti sull’isola, mi conferma che l’unica medicina per far guarire questi ragazzi si chiama “Famiglia” .

Vi invio una cartolina, una foto scattata mentre consegno un welcome kit a dei ragazzini eritrei. Per loro e per tanti di loro che sono arrivati e che arriveranno, continua la nostra battaglia, quella della giusta accoglienza, guidata dal nostro esercito migliore: le famiglie.

 

Dinah Caminiti

Responsabile Progetto BAM Sicilia

 

In questo particolare momento di emergenza, chiediamo ai nostri sostenitori e ai nostri lettori di aderire alla nostra campagna “Bambini in alto mare”, attivando un Sostegno a Distanza per garantire la giusta accoglienza di queste persone che scappano dalle minacce che scaturiscono dalle guerre presenti nei loro territori.