L’appello degli enti autorizzati: “Adozioni bloccate, intervenga il premier”

adozioni singleDalla Commissione Adozioni Internazionali che non si riunisce da due anni ai mancati finanziamenti. La giornalista Maria Novella De Luca del quotidiano “La Repubblica” presenta in questo articolo, pubblicato martedì 5 aprile e qui di seguito riportato integralmente, tutti i nodi da sciogliere nel settore delle adozioni internazionali.

 

Un appello ormai quasi disperato: “Presidente Renzi, ci aiuti a salvare le adozioni internazionali, ci sono migliaia di bambini che hanno bisogno di una famiglia”. E’ questo il senso della lettera che pubblichiamo in questa pagina (e riportata anche da noi di Aibinews, ndr), lettera firmata da un gruppo dei più importanti enti che in Italia si occupano da anni di adozioni internazionali. Ventiquattro organizzazioni, dal Ciai all’Ai.Bi., dal Cifa al Naaa, insieme al “Care”, che riunisce 33 associazioni familiari, hanno deciso di rivolgersi direttamente al presidente del Consiglio (a cui avevano chiesto un incontro finora non avvenuto), per segnalare la gravissima situazione in cui si trova oggi, nel nostro Paese, l’intero “sistema adozioni”.

Un ambito nel quale invece l’Italia era leader fino al 2010, con migliaia di figli grandi e piccoli, accolti ogni anno, e provenienti da ogni parte del mondo. Poi dal 2010 una crisi che ha fatto crollare le domande, un blocco causato certamente dalle progressive chiusure di molti Paesi da cui arrivano i bambini, ma anche dall’immobilismo delle istituzioni italiane. Perché è questo, senza giri di parole, il vero atto d’accusa degli enti autorizzati, ossia quelle organizzazioni che hanno i contatti con gli istituti nel mondo che raccolgono i bambini abbandonati. Ossia: la nostra Commissione adozioni internazionali (Cai) non si riunisce ormai da due anni: non mantiene, dicono i firmatari della lettera, relazioni con i Paesi esteri; non mantiene, neppure, gli impegni sui “finanziamenti dei progetti di prevenzione all’abbandono messi in atto dagli enti in quelle realtà”.

Certo, l’adozione è un sistema che sta cambiando: ci sono nazioni la cui economia migliora e dunque si crea spazio per affidi nazionali, ci sono invece nazioni che chiudono per ragioni assai meno nobili, e cioè per ottenere di più dai Paesi ricchi, o per mostrare di non avere un problema infanzia all’interno dei propri confini, pur avendo purtroppo gli orfanotrofi pieni di bambini. Ma è vero anche che nel mondo aumentano, come dicono i dati dell’Unicef, i piccoli (e non) in stato di abbandono. Dunque di famiglie che accolgano ci sarebbe un bisogno enorme, e non importa se queste avviene come risposta ad un problema di sterilità, o invece per il semplice desiderio di prendersi cura di chi non ha nulla. Ma ci vogliono progetti di cooperazione con Paesi che hanno bisogno di leggi, di anagrafi, di standard sicuri per l’adozione, come già avevano anticipato gli enti, in una sorta di decalogo pubblicato su “Vita” e sull’Avvenire.

Invece sembra che nel nostro Paese si sia sbloccato tutto: nessun contatto tra la Cai e gli enti, Paesi che attendono da anni la firma di accordi già pronti. E situazioni, come quella dei bambini del Congo, bloccati per tra anni in Africa, adesso finalmente “liberi”, eppure i loro genitori ancora non sanno quando potranno abbracciarli.