L’Italia? Lavora bene nel campo della cooperazione

(Roma) E’ all’Italia che spetta il podio (il secondo posto) come stato europeo maggiormente capace di lavorare nel campo della cooperazione internazionale con un’assistenza tecnica coordinata, che determina una reale efficacia dell’aiuto portato in paesi terzi. Questo è quanto emerge dal rapporto “Planning for good: Lessons learnt on aid effectiveness from 6 Eu donors”, presentato questa mattina a Roma dal Cini, Coordinamento italiano network internazionali, composto da ActionAid, Amref, Save the Children, Terre des Hommes, Vis e Wwf, che oggi mette a confronto buone e cattive pratiche del Nord e del Sud del mondo rispetto alla cooperazione e al Piano di efficacia degli aiuti, documento condiviso dagli stati dell’Unione europea.
“Se valutata secondo gli indicatori della dichiarazione di Parigi – si legge nel rapporto – l’efficacia dell’aiuto italiano nel 2007 è migliorata in sette aree, ed ha anche centrato l’obiettivo dell’assistenza tecnica coordinata. E’ significativo che il punteggio italiano per l’assistenza tecnica allineata è risultato il secondo migliore nella Comunità Europea, evidenziando un buon elemento dell’aiuto italiano da condividere con gli altri donatori”. Maglia nera però per l’uso dei ‘country system’, ovvero gli accordi comuni per la gestione dell’aiuto con i donatori e per l’aumento delle unità di implementazione parallele. Ma quali sono le maggiori difficoltà che riscontrano gli operatori italiani che lavorano nel settore? Secondo il rapporto del Cini a mancare maggiormente è il personale, ed è per questo che, si legge nel testo “si pianifica un decisivo aumento del personale per portarlo al suo livello iniziale. Nonostante questo positivo aumento quantitativo pianificato, non c’è riferimento alla qualità del personale. Il piano tace su possibili investimenti in termini di formazione volti a migliorare e ad aggiornare le competenze dello staff per essere all’altezza delle sfide del nuovo contesto dell’aiuto”.

Per quanto riguarda le valutazioni invece, le linee guida del documento puntano quindi al fatto che l’Italia compia uno sforzo maggiore verso una corretta valutazione del proprio lavoro.

Altro punto sul quale intende lavorare lo Stato italiano è quello di creare un decentramento del processo decisionale con l’incremento “del numero di Unità tecniche locali sul campo, attraverso personale nazionale e locale”. Per quanto riguarda poi le missioni congiunte e il lavoro analitico “nonostante si registri un rilevante miglioramento italiano registrato nello studio del 2008, le performance italiane sono ancora rispettivamente scarse: penultima e terzultima nell’Unione Europea”.

Nel primo studio sull’efficacia dell’aiuto infatti il nostro paese era il penultimo donatore europeo per il suo operato congiunto; due anni dopo, occupa la seconda posizione più distante dal raggiungimento degli obiettivi per le missioni congiunte e lavoro analitico. Nel dettaglio sono state alcune missioni a determinare questo punteggio: il lavoro congiunto in Albania e Mozambico è stato particolarmente problematico, mentre in Etiopia la cooperazione italiana aveva già raggiunto gli obiettivi della dichiarazione di Parigi. I miglioramenti nei due obiettivi non richiedono, per il rapporto “nessuna riforma amministrativa complessa, ma solo chiari ordini di servizio per incoraggiare e monitorare il lavoro congiunto”. Nel contesto italiano è importante rilevare, secondo il Cini “che le missioni della cooperazione decentrata contribuiscono al risultato complessivo italiano sul lavoro congiunto, rendendo esplicito il bisogno di un migliore coordinamento dell’intero sistema di cooperazione italiano sull’agenda dell’efficacia”.

(fonte: Redattore Sociale)