Adozioni ai gay. “Ma la crescita rischia di essere squilibrata”: 6 domande a Italo Carta, psichiatra

La notizia del via libera alle adozioni da parte delle coppie omosessuali non stupisce il professor Italo Carta, già ordinario di Clinica Psichiatrica presso l’Università Statale di Milano e direttore della scuola di specializzazione in Psichiatria, alla Bicocca; non lo stupisce, ma lo preoccupa.

Professore, ma perché?
Perché ritengo che le coppie di omosessuali e quelle di lesbiche che non solo adottano un bambino ma si fanno ingravidare o inseminare preparino un grave rischio di patologie per la prole.

A che patologie si riferisce?
Depressioni, disturbi della personalità. Le schizofrenie sono in ribasso, aumentano i borderline, le persone che non sanno più chi sono.

Esistono studi scientifici che evidenziano questo rischio?
Sono stati condotti su figli di coppie gay soprattutto negli Usa perché il follow up, cioè il controllo a distanza, lì è più semplice. Ed è già stata rilevata una serie di disturbi che sotto il profilo delle teorie psichiatriche riconducono al collasso della funzione simbolica paterna.

Parla anche per esperienza professionale personale?
Esperienza a posteriori, su figli che sono stati oggetto narcisistico della madre; ho 50 anni di esperienza con psicotici e il fantasma della madre fallica, onnipotente, partenogenetica è presente  nella mente di molti di questi.

Ma contrastare questo progetto di legge non è una battaglia di retroguardia?
Guardi, ormai queste questioni sono in mano a gruppi di pressione e a politici entusiasti di aumentare il proprio consenso. Dell’aspetto psicologico clinico importa poco a tutti. Che poi ci siano psichiatri che non hanno approfondito la materia e si limitano a prescrivere farmaci è un altro conto, io vedo che la società corre dei grossi rischi.

Qual è l’aspetto che secondo lei manca di più, in una coppia omosessuale, per la salute mentale del figlio?
La violenza fatta alla realtà, con cui il ruolo materno o paterno vengono assunti, e la mancanza del diventare madre o padre per donare il figlio all’altro e stabilire  un rapporto di reciprocità.

(La Stampa, 12 Settembre 2012)