Ma quante sono le forme di accoglienza? Sono quattro. E l’Italia deve rimanere in prima linea

Le nuove generazioni devono riscoprire anche “l’accoglienza del cuore”

Quali sono le forme di accoglienza per un bambino in stato di abbandono o di difficoltà famigliare? E quante sono? Una domanda che, forse, potrà sembrare banale, ma, in realtà non lo è affatto. Perché se le prime due, le più note e che balzano quasi come risposte immediate sono certamente l’adozione e l’adozione internazionale, ce ne sono anche altre due: l’affido familiare e il sostegno a distanza.

Ora mentre con l’adozione nazionale ogni anno vengono accolti circa 1000 minori (ed è un dato costante negli ultimi 10/15 anni) per l’adozione internazionale i dati mostrano una ben diversa realtà: un crollo verticale dalle più di 4000 adozioni del 2011/12 alle poco più di mille del 2018.

Di affido familiare tanto si sta parlando in questo periodo e riguarda circa 12mila minori che sono mediamente accolti dalle famiglie italiane per due o più anni. In Italia però i minori fuori famiglia sono circa 35mila: pertanto il 65% di questi minori sono ospitati in comunità educative o altre strutture di accoglienza e non accolti in famiglie affidataria. Qui c’è tanto ancora da fare!

Infine la quarta forma, l’adozione a distanza. “Che – spiega il presidente di Ai.Bi. – Amici dei Bambini, Marco Griffininon deve mai essere confusa con una raccolta fondi. Noi sosteniamo convintamente che l’adozione a distanza sia una grande forma di accoglienza poiché è la prima forma di contrasto e prevenzione dell’abbandono, contro il quale la nostra organizzazione ha intrapreso da ormai tre decenni la propria battaglia”.

E questo è il problema di questa bellissima forma di accoglienza : avere utilizzato il #sostegnoadistanza (sostegno ad una comunità) e l’#adozioneadistanza (sostegno personalizzato ad un bambino) come una mera raccolta fondi. Tale modo di interpretare e promuovere il #sostegnoadistanza, specialmente da parte delle multinazionali della solidarietà che investono decine di milioni in spot e messaggi promozionali, ha snaturato la vera essenza di questa forma di accoglienza a distanza.

È difficile anche capire quanti sono oggi in Italia coloro che sono fermamente convinti di sostenere un progetto in un villaggio africano o di accompagnare il futuro di un bambino abbandonato boliviano, quindi vivendo il #sostegnoadistanza come un vero e proprio impegno di solidarietà, che presuppone una continuità nel tempo fino all’ ottenimento del risultato.

Occorrerà, in tal senso, un grande sforzo da parte delle associazioni di volontariato che con tanto entusiasmo hanno fatto innamorare milioni di cittadini italiani (ricordiamo infatti che il #sostegnoadistanza è nato 50 anni fa in Italia) per far riscoprire anche alle nuove generazioni la “potenza strabiliante” di questa “accoglienza del cuore”.